Battaglione Azov, Putin apre uno spiraglio e libera i prigionieri. Pechino: "Ora la pace"

Trattativa segreta grazie a Turchia e Arabia Saudita, reggimento a casa. "I detenuti sono stati torturati". Tornano a Mosca un oligarca e 55 militari. Ora che succede? Ecco i quattro scenari sull’evoluzione del conflitto

Roma, 23 settembre 2022 - Sotto il cielo della Russia maturano segnali contraddittori. Ma su Mosca la pressione cresce. Con una mossa inattesa figlia di una trattativa riservatissima condotta da Turchia e Arabia Saudita, la Russia ha accettato di liberare un totale di 215 combattenti (comprese tre donne incinte), tra i quali 188 dei difensori di Mariupol, inclusi 108 combattenti del reggimento Azov ("che mostrano però segni di tortura", spiegano gli 007 ucraini) tra i quali cinque dei comandanti più noti, gli uomini simbolo della resistenza che per settimane hanno difeso l’acciaieria Azovstall: il comandante del battaglione Azov Denis Prokopenko ’Redis’ e il suo vice Svyatoslav Palamar ’Kalina’, Oleg Komenko ’Apis’, il comandante del reparto della Guardia Nazionale Denis Shle oltre il comandante della 36esima brigata di marina, il maggiore Sergei Volyn. Tutti e cinque i comandanti rimarranno in Turchia fino alla fine della guerra. I separatisti filorussi del Donbass hanno anche rilasciato 10 combattenti stranieri, tra cui cinque britannici, due americani.

Oggi il referendum in Donetsk e Lugansk. "Gruppi armati costringono a votare"

Mykhalio Dianov, un combattente del battaglio Azov (Ansa)
Mykhalio Dianov, un combattente del battaglio Azov (Ansa)

Scambio di prigionieri: liberi anche eroi dell'Azovstal

In cambio gli ucraini hanno liberato l’oligarca Viktor Medvedchuk, ucraino ma vicinissimo a Vladimir Putin e 55 militari russi o delle repubbliche separatiste. Il segnale indica che Putin vuole tenersi una via d’uscita senza far metaforicamente "saltare i ponti" con gesti estremi come la condanna a morte dei prigionieri del reggimento Azov, pure richiesta dagli ultra nazionalisti. È un buon segno. La mossa è stata duramente stigmatizzata dagli ultra nazionalisti russi, che con Dmitri Medvedev sono tornati a minacciare l’occidente. "Si faranno i referendum, le repubbliche del Donbass e altri territori saranno accettati in Russia – ha detto – e la loro protezione sarà garantita con qualsiasi arma comprese le armi nucleari strategiche". Ma Putin vede che la Cina, come l’India ha da qualche tempo preso le distanze. "La situazione in Ucraina mostra un trend in espansione con effetti di contagio negativi sempre più gravi che la parte cinese non vuole vedere: le priorità sono il cessate il fuoco e la fine della guerra" ha detto il ministro degli Esteri Wang Yi. "La Cina non starà a guardare né aggiungerà benzina sul fuoco. Allo stesso tempo sosteniamo l’Ue e i principali Paesi europei a continuare a mediare e a fare ogni sforzo per la pace". Non a caso ieri al Consiglio di Sicurezza Onu la Cina ha lanciato un messaggio chiaro: "La sovranità territoriale di tutti i Paesi deve essere rispettata". Ucraina inclusa.

Migration

Mosca bombarda i vagoni frigo con i corpi dei suoi soldati

Gli scenari che si aprono, alla vigilia dei referendum farsa, a questo punto sono quattro. Il più probabile è una prosecuzione della controffensiva ucraina fino alle porte di Kherson nel sud e con ulteriore avanzate a est, ma senza tornare alle frontiere del 24 febbraio. Putin potrebbe dichiarare finita l’operazione speciale e proporre trattative con l’obiettivo di mantenere Crimea e Donbass pre guerra. Se Kiev rifiutasse Mosca potrebbe tentare di imporre una tregua "alla coreana" senza trattato di pace. La seconda ipotesi è un’avanzata ucraina che porterebbe a liberare Kherson, Mariupol e parte del Donbass e minaccerebbe la Crimea: una ipotesi che aprirebbe incognite perché, vistosi perso, per salvarsi Putin potrebbe usare armi atomiche tattiche. Il terzo scenario, molto improbabile perché sarebbe un cedimento totale al Cremlino, è un limitato accordo (gas in cambio di stop alle sanzioni) alle spalle dell’Ucraina tra Europa e Russia. Quarto scenario, ancora più improbabile, una vittoria russa che completerebbe la conquista degli oblast di Donetsk e Lugansk e dichiarerebbe poi vittoria annettendo quei territori e Kherson e Zhaporizia, alla madre Russia.