Martedì 16 Aprile 2024

Basta ketchup, Berlino scopre la pummarola

In Germania non è più tempo di pasta scotta e condita male. I tedeschi vogliono la passata italiana e i giornali celebrano il marchio Mutti

Francesco Mutti (a destra), 52 anni, in uno spot tv con lo chef tedesco Mirko Reeh, 44

Francesco Mutti (a destra), 52 anni, in uno spot tv con lo chef tedesco Mirko Reeh, 44

I pregiudizi sono per sempre. I tedeschi, secondo gli italiani, continuano a non saper cucinare gli spaghetti al dente, confondono il sugo al pomodoro con il ketchup, bevono il cappuccino a mezzanotte insieme con la grappa. Non è vero, a parte il cappuccino, già da prima che cadesse il Muro. Loro sono perfezionisti, sanno tutto sull’olio extravergine e sull’aceto balsamico. La prima trasmissione tv dedicata alla cucina si chiamava Alfredissimo, andò in onda durante le feste di Natale 1994.

Ieri, la Süddeutsche Zeitung di Monaco, il più importante giornale alla pari con la Frankfurter Allgemeine, ha dedicato quasi un’intera pagina a Francesco Mutti, il re del pomodoro in scatola. Tutti sanno chi è, i bambini che adorano gli spaghettibolognese (qui si scrive tutto di seguito) e i loro genitori. Il nome potrebbe indurre in errore, Mutti sarebbe la mammina, ma è diventato garanzia di qualità, di saper vivere all’italiana. La miglior salsa, scrive il quotidiano, arriva dalla Food Valley emiliana, come il parmigiano e il prosciutto. Mutti ha "trasformato un arcaico prodotto e centrato il gusto dei tedeschi affamati di sole". Suona come uno slogan pubblicitario, e si deve evitare un pregiudizio: i tedeschi ci lodano solo per la cucina, per le lasagne o la pizza? La collega Ulrike Sauer dice che va preso sul serio: la piccola e media industria è la spina dorsale della nostra economia, e anche della Germania.

Francesco Mutti, racconta, a 26 anni nel 1994 si diplomò in Finance & Management a Cardiff. I suoi compagni di corso si diedero alle speculazioni finanziarie, lui tornò a casa e scelse il pomodoro in scatola, l’attività di famiglia dal 1899. Il "pomo d’oro", precisa in italiano il quotidiano. L’industria della salsa in conserva aveva una cattiva reputazione, e Francesco disse a suo padre: "Torno solo se potrò realizzare il mio progetto". Divenne capo dell’azienda, a un’età insolita per l’Italia, anche se il padre non era molto convinto. "Difficile investire nella qualità per una piccola azienda", ricorda oggi Francesco. L’impresa continua a crescere da 25 anni, è la prima sul mercato in Italia, con una quota del 32,5%. E da tre anni ha conquistato il primo posto in Europa, vende 580mila tonnellate di pomodoro in 95 Paesi. Il fatturato è di circa 465 milioni.

"Sono Francesco Mutti e nessuno ama il pomodoro come me", si è presentato tre anni fa in uno spot tv, sullo sfondo di una campagna idilliaca, quella emiliana. In Germania la pubblicità non è ad effetto, si preferisce il tono alla buona, i capi delle aziende di famiglia cercano di conquistare i consumatori di persona senza affidarsi ai maghi del marketing. E la quota di mercato in Germania è balzata dall’1,6 all’8,5%. Nel 2020 sono state vendute 22 milioni di scatole, più di una per famiglia. La Süddeutsche spiega la strategia di Francesco. Ha stipulato contratti con circa 400 contadini, per assicurarsi la qualità migliore paga dal 12 al 30% in più sul prezzo di mercato. Entro cinque ore dal raccolto, il pomodoro finisce in scatola, i campi distano dalla fabbrica non oltre 100 chilometri. Non si comprano pomodori raccolti da emigranti per una paga da fame. Un particolare importante per i tedeschi. E alla fine, una scatola della Mutti costa appena 50 cent in più della concorrenza. La qualità e la morale non hanno prezzo.