Stati Uniti, 26 maggio 2023 – Ci fu una volta, nel 1983, in cui l’Fbi sventò uno dei tanti omicidi negli Stati Uniti. Il bersaglio, in quell’occasione, era Sua Maestà, la Regina Elisabetta. Lo rivelano alcuni documenti declassificati emersi recentemente dagli archivi del Federal Bureau of Investigation (Fbi). I file, relativi ai viaggi di Elisabetta II negli Usa, entrano nel dettaglio del complotto ordito ai danni della sovrana d’Inghilterra.

Tutto comincia in un pub irlandese
È il 4 febbraio 1983, una serata come tante in un pub irlandese di San Francisco, quando un agente di polizia conosce un cittadino americano simpatizzante dell'Esercito repubblicano Irlandese (Ira). L’uomo ha un folle piano: vuole uccidere la regina Elisabetta d’Inghilterra per vendicare la morte della figlia appena nata. La bimba è stata uccisa da un proiettile di gomma in Irlanda del Nord. Il poliziotto capisce che non è di fronte solo al delirio di un padre distrutto dal dolore, ma che la minaccia è concreta. E lo riferisce ai suoi superiori: di lì a un mese Elisabetta e il marito Filippo verranno in visita in California, la situazione non va sottovalutata.
“Voleva nuocere alla regina e lo avrebbe fatto facendo cadere un qualche oggetto dal ponte Golden Gate sullo yacht reale Britannia, al suo passaggio nelle acque sottostanti. Oppure avrebbe tentato di uccidere la regina durante la sua visita al Parco nazionale Yosemite”. Questo è ciò che riferisce l’agente ai colleghi federali, come riportato nei documenti ritrovati.
A quel punto, ai servizi segreti non resta altra scelta che “chiudere le passerelle sul ponte nel momento del passaggio dello yacht”. Impossibile controllare il flusso, prevedibilmente oceanico, sul Golden Gate. Per salvare la regina quel ponte deve rimanere chiuso. Delle misure prese per la visita al Parco nazionale di Yosemite ancora oggi non si sa nulla, tranne che l’escursione si svolse come da programma.
I file dell’Fbi
Solo ora l’Fbi ha deciso di divulgare i suoi file sulla regina inglese, rivelando i timori di minacce “onnipresenti” da parte dell’esercito irlandese. Informazioni che sono arrivate in un amen ai media americani grazie al Freedom of Information Act, la legge statunitense del 1966 sulla libertà dell’informazione.
In un rapporto della lunghezza di 102 pagine, il Bureau investigativo ha raccolto tutti i protocolli messi in atto per le varie visite della Corona negli Stati Uniti. Da questi si evince come gli agenti fossero costantemente addestrati per fronteggiare potenziali minacce provenienti dai simpatizzanti dell’Ira.
Un pericolo percepito non solo nel 1983, ma anche nel 1989, in occasione della prima visita della regina sulla costa orientale e nel sud degli Usa. Anche per quest’ultima, pur non essendoci in vista pericoli specifici, l’Fbi fece circolare un promemoria interno in cui invitava le città di Boston, New York e Louisville a “rimanere all'erta per qualsiasi minaccia contro Elisabetta II da parte dei membri dell'Ira”. Preoccupazioni fondate, a quanto si apprende. Solo pochi anni prima, nel 1979, il cugino di secondo grado di Elisabetta, Lord 'Dickie’ Mountbatten, era stato assassinato dall’Ira in Irlanda.