Venerdì 19 Aprile 2024

Istanbul: vendetta jihadista o pista curda. Erdogan teme l’escalation del terrore

Attacco alla vigilia del G20, dove il presidente turco è protagonista. Manca la rivendicazione: si battono due strade

Istanbul ripiomba nel terrore, nel bel mezzo di una crisi internazionale e quando l’economia interna sta attraversando un momento di forte difficoltà. Si sa dunque chi abbia materialmente provocato la morte di almeno sei persone, ma non ancora chi abbia ordinato l’attentato. Quel che è certo è che chi ha colpito ieri sull’Istiklal Caddesi, il viale per eccellenza nel centro di Istanbul, dove passeggiano decine di migliaia di persone, soprattutto nel weekend, voleva un gesto plateale e cercare di uccidere il più possibile.

Due donne in lacrime si allontanano dall’area della detonazione
Due donne in lacrime si allontanano dall’area della detonazione

Le piste principali sono due. La prima è quella del terrorismo di marca jihadista e la seconda quella del terrorismo di matrice curda. I Tak, ossia i Falchi Alati per la libertà del Kurdistan di solito rivendicano quello che fanno. Qui, per il momento, non solo non c’è una rivendicazione, si forniscono meno particolari possibili. Subito dopo l’esplosione, dall’Autothority per le Telecomunicazioni è arrivato l’ordine alle emittenti di non trasmettere le immagini che provenivano dal luogo dell’attentato e di non parlarne.

Una consuetudine, in Turchia, che ricorda la stagione del terrore fra il 2014 e il 2016, dove il Paese fu letteralmente bersagliato da attacchi di matrice curda e jihadista. Fra questi, ce ne fu uno proprio sull’Istiklal. Un kamikaze uccise tre persone. L’attacco arriva a poche ore dall’inizio del G20 di Bali, dove il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan si appresta a ricoprire un ruolo di primo piano, ma dovrà farlo con il pensiero rivolto ai confini nazionali. Il timore, è che possa riprendere una scia terroristica come quella iniziata otto anni fa. Entro giugno la Turchia voterà per il presidente della Repubblica. Il Reis è determinato a farsi rieleggere, ma l’economia zoppica. Manca solo l’assenza di sicurezza per le strade. Tutti guardano all’apertura dei mercati domani mattina, i più pensierosi buttano l’occhio più in là e cercano di capire cosa potrebbero riservare le prossime settimane.

Erdogan da tempo ha ipotizzato una quarta, nuova operazione oltre il confine siriano per rendere inoffensive le cellule del Pyd, un’organizzazione curda armata, che ha molti legami per il più noto Pkk, il partito dei lavoratori del Kurdistan. C’è quindi chi teme che questo attacco, anche senza rivendicazione venga attribuito alla minoranza per poter portare operazioni militari e soprattutto mettere l’Hdp, il Partito curdo del Popolo democratico, in una situazione di difficoltà in vista del voto della prossima primavera.

Se invece dovesse essere acclarato che si tratti dello Stato Islamico o di qualche altro gruppo jihadista allora la faccenda è più complessa e per Erdogan molto più spinosa. La Turchia da anni viene accusata di avere un atteggiamento ambiguo nei confronti del terrorismo di matrice islamica, incluso lo Stato Islamico, con il quale sarebbe a fasi alterne in combutta. Un aspetto che gli Stati Uniti gradiscono molto poco.

Fra maggio e settembre, sono stati arrestati Abu Al-Hasan al-Qurashi Bashar Khattab Ghazal al-Sumaidai, rispettivamente numero uno e numero tre dell’Isis, il primo proprio a Istanbul. Due operazioni importanti, che agli analisti sono apparse come un gesto di buona volontà di Ankara nei confronti di Washington. Per questo e per la mediazione sul grano ucraino, Erdogan aspetta di ricevere il premio da Biden. Il problema è che per fare un favore a una parte, ci si tira contro l’altra. La politica estremamente corsara del presidente di Ankara nei confronti del terrorismo islamico ha messo la Turchia in una situazione di pericolo costante.