Giovedì 25 Aprile 2024

Barcellona, quando la Spagna era musulmana. Jihadisti a caccia della riconquista

Giustificano le stragi col sogno impossibile della rinascita di al-Andalus

Attentato Barcellona, i soccorsi (LaPresse)

Attentato Barcellona, i soccorsi (LaPresse)

Roma, 19 agosto 2017 - Certo, fu una gran bella stagione storica quella, tra VIII e XV secolo, nella quale la vecchia terra stanziale dei vandali – gli arabi la chiamavano al Andalus – divenne il centro irradiante d’una cultura musulmana che, salvo brevi e circoscritti periodi, lasciava liberi di esprimersi anche cristiani ed ebrei e che per due secoli, tra IX e X, dette vita a un vero e proprio califfato... Poi quella magica unità si ruppe: ma, fino a quasi tutto il Quattrocento, gli emirati arabi-berberi-iberici continuarono a spargere i frutti della loro straordinaria cultura alla quale si abbeverarono gli stessi europei cristiani. A loro dobbiamo in gran parte la filosofia, la matematica, l’astronomia, la fisica, la chimica, la poesia, la musica. La stessa università è un’invenzione araba passata attraverso il tramite spagnolo.

Ma dei preziosi giardini di Córdoba, delle fontane che sprizzavano verso il cielo argento vivo, oggi non resta più quasi nulla. I meravigliosi palazzi e gli splendidi giardini di Granada sono in gran parte una sia pur abbastanza fedele ricostruzione moderna. Reconquista, l’hanno in tempi recenti chiamata alcuni studiosi spagnoli. Oggi, questo termine è fortemente messo in discussione dalla critica. E non solo per l’abuso ideologico che se ne fece durante l’epoca franchista, quando vennero esaltate le guerre intraprese, prima dal regno delle Asturie e poi da quelli di Castiglia-León e d’Aragona, contro i vari emirati che si spartivano (e si contendevano) il potere nella penisola iberica dopo la caduta ai primi dell’XI secolo del califfato cordobano, guerre che consentirono la graduale e a lungo non programmatica avanzata dei sovrani cristiani da nord e da ovest verso sud e verso est. In realtà non v’era nulla da riconquistare: la Spagna premusulmana era stata un coacervo di staterelli romano-barbarici (prima vandali, poi svevi e soprattutto visigoti) che i conquistatori arabo-berberi dell’VIII secolo avevano spazzato via senza tuttavia mai giungere a una totale islamizzazione della penisola iberica.

Anzi, invidiata e poi rimpianta caratteristica di al-Andalus, sia pure attraverso varie e contraddittorie vicende, e non senza momenti di tensione e di violenza, fu la convivenza cordiale di tre religioni affini e delle genti che le praticavano: musulmani, cristiani, ebrei. L’avanzata dei regni cristiani pose però fine a questo equilibrio e al tono raffinato di vita che lo distingueva. Anche la florida agricoltura musulmana, fondata su un sapiente sistema d’irrigazione, fu sostituita da vaste magre praterie tenute a pascolo soprattutto per gli ovini. La Spagna cristiana, fu, nonostante l’afflusso dell’oro dalle colonie d’Oltreoceano nel Cinquecento, una società imbarbarita e impoverita. E una società dominata da un cupo sistema inquisitoriale.

Tutto ciò ciò è vero: ed è storia. Ma la storia è irreversibile. La Spagna dei tempi quasi felici (con molte eccezioni, del resto) fra VIII e XV secolo non esiste più; né esiste più l’Islam illuminato e tollerante di allora. Nel mondo musulmano c’è sempre chi ha sognato – o farneticato? – l’impossibile rinascita di al-Andalus, l’impossibile risorgere dello splendore di Granada. Oggi, gli attentatori di Barcellona pretendono di nobilitare il loro delitto facendo rinascere sotto forma di incubo quel sogno spezzato.

Gli esecutori materiali dell’attentato sono dei fanatici accecati dall’odio e dal disorientamento, che combattono una battaglia impossibile. Poi ci sono i mandanti, che non sognano i giardini di Granada ma hanno mire politiche più basse e concrete. Il fatto di scoprirli, se e quando sarà, ci procurerà forse molte amare sorprese.