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Libero, finalmente! Così John Hinckley ieri su Twitter. Ha 67 anni, compiuti il 29 maggio. È stempiato, un po’ ingrassato, ma le gote gonfie, gli occhi spenti, l’espressione attonita sono gli stessi di quel 30 marzo 1981 quando sparò al presidente Ronald Reagan, al suo Press Secretary James Brady, e a due poliziotti. Nessuno morì. Almeno non subito. James Brady rimase paralizzato. E John che all’epoca aveva 25 anni sfuggì alla pena capitale. E sfuggì anche alla prigione. Al processo il verdetto fu "non colpevole a causa di insanità mentale". Venne internato nella clinica psichiatrica St. Elizabeth a Washington DC e negli ultimi anni affidato alla vecchia madre in Virginia. Innamorato. Perché l’hai fatto? gli aveva chiesto l’accusa. Perché ero innamorato di Jodie Foster, rispose. L’aveva vista alcuni mesi prima in Taxi Driver con Robert De Niro. Voleva fare qualcosa di grande. Voleva imporsi alla sua attenzione. E cosa c’era di più grande che assassinare l’uomo più potente del mondo, il presidente americano? La giuria gli credette. Del resto era stato sottoposto a una dozzina di visite psichiatriche e la conclusione era stata sempre stata la stessa: malato di mente, irresponsabile, instabile e dunque incolpevole. Ma il Congresso non accettò quella sentenza e meno di un anno dopo approvò una legge che di fatto escludeva il riconoscimento dell’infermità mentale in casi analoghi. Infermità mentale? Balle. Patti Davis, la figlia di Ronald Reagan, non l’ha mai presa sul serio. Né il giorno della sparatoria davanti all’Hilton Hotel di Washington. E nemmeno ieri "dopo 41 anni, 2 mesi e 15 giorni di reclusione", come ha ricordato John Hinckley nel suo tweet. Non è matto, disse sei anni fa, quando l’attentatore del padre fu dimesso dalla clinica psichiatrica. Non lo è mai stato. È un narcisista e non si è mai pentito ...
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