Attacco ad Abu Dhabi, perché la guerra dei droni deve farci paura

Le vittime saranno sempre più civili. Chi manovra questi apparecchi resta seduto dietro una consolle, mentre il campo di battaglia è sopra le nostre teste

I miliziani yemeniti Huthi (Ansa)

I miliziani yemeniti Huthi (Ansa)

Washington - Disse una volta Albert Einstein: non ho idea con quali armi sarà combattuta la terza guerra mondiale, ma la quarta sarà combattuta con i bastoni e le pietre. Bene, anzi male. Oggi, dopo l’attacco dei droni Huthi, in realtà iraniani, all’aeroporto di Abu Dhabi, sappiamo come sarà combattuta la terza guerra mondiale: con i droni. E sappiamo come il risorgente terrorismo islamicio riprenderà a minacciarci: con i droni. E come andrà a finire la corsa verso il baratro di una umanità che in forza della geopolitica o della religione o della competizione economica o semplicemente della stupidità di chi la governa si sta autodistruggendo: dai droni tornerà all’età della pietra.

Dunque 'Back to the Future'. Dove il futuro prossimo, molto prossimo, rivedrà l’uomo afflitto da virus incontrollabili affrontarsi o andare a caccia di fauna introvabile con pietre e bastoni.

Quanto avvenuto a Abu Dhabi non è roba da dilettanti. E nemmeno una curiosità, una provocazione. È una svolta strategica di dimensioni storiche. Ma quanti se ne rendono conto? Pochi, a mio parere. Almeno questa è l’impressione ricavata scorrendo a caldo le home page dei giornali qui negli States e anche di quelli europei. E invece l’uso esclusivo dei droni per un bombardamento indiscriminato, vale a dire non su obiettivi militari o individuali ma su un’intera area, apre prospettive epocali.

Benvenuti alle guerre senza soldati. Incruente? Niente affatto. A morire saranno sempre meno i soldati e sempre più la popolazione civile. Mentre chi ci colpirà siederà davanti alle consolle.

La storia ci ha lasciato altre rivoluzioni del genere: dalla spada di bronzo a quella di ferro. O dalla spada alla polvere da sparo. O dalla polvere da sparo alle bombe aeree. O infine a quelle nucleari. A questo punto non posso nascondere un certo rimpianto per gli anni della guerra fredda, quando la pace mondiale era basata sulla contrapposizione di due superpotenze. C’era quella buona e quella cattiva, Usa e Urss. Erano le sole a possedere arsenali nucleari. E nel cosiddetto equilibrio del terrore rappresentavano il più efficace reciproco deterrente contro un olocausto generale. Il mondo intero se ne sentiva rassicurato.

Poi la guerra fredda finì. La vinse l'America. Ma paradossalmente non impose al mondo la pax americana, come Francis Fukuyama aveva profetizzatto. Pian piano si ritirò dal mondo, aprendo la strada alla proliferazione nucleare. Infine arrivò l'11 settembre 2001, con il più devastante attacco da Pearl Harbor in poi. E non laggiù alle Hawaii, in mezzo al Pacifico, ma a New York e Washington, le città simbolo della nazione.

Ventuno anni fa gli aerei furono dirottati da persone in carne e ossa, i kamikaze islamici. Oggi non ce ne sarebbe bisogno. Scrive T.X. Hammes in ‘’War on the Rocks’’: le operazioni militari saranno condotte da "piattaforme di intelligenza artificiale con target mirati, intelligenti, e in economia". Saranno affidate a sciami di droni che potranno portare armi di distruzione di massa di qualsiasi tipo, convenzionali, nucleari, chimiche, biologiche.

Chi fra i cattivi della Terra non se li può permettere? Ne dispone il cinese Xi, che già con il suo virus ha messo in ginocchio il mondo intero. Li ha il suo paranoico alleato Kim Jong Un che proprio l’altro ieri ha lanciato un missile ipersonico. Li hanno gli ayatollah. Il turco Erdogan li ha già usati nel Corno d’Africa e nel conflitto azero – armeno. E ovviamente il russo Putin, che però per invadere l’Ucraina sembra voler comportarsi all’antica, con carri armati e fanteria. Insomma li hanno un po’ tutti. Li hanno anche i buoni della Terra o, se non buoni coloro che li usano per difendersi. Gli israeliani in primo luogo contro Hamas e Hezbollah. E poi gli americani. Con i droni Trump sgominò l'Isis, costringendolo a emigrare in Afghanistan.

Anche Biden ha ordinato un raid contro l’Isis, durante l’ingloriosa fuga all’Afghanistan. Altro sbaglio. Atroce, perchè i suoi droni colpirono una casa di Kabul incenerendo una famiglia e non i terroristi Isis che sparavano sui fuggiaschi all’aeroporto.

Con questo background l’episodio di Abu Dhabi va considerato una prova generale. E allora chiediamoci: riusciremmo a difenderci se un attacco dovesse essere portato non da una mezza dozzina ma da decine di migliaia di oggetti volanti? I costi sarebbero comunque irrisori. Tanto per un confronto, la portaerei 'USS Ford', l’ultima, è costata 14 miliardi di dollari. Una flotta, o sciame di 100mila droni varrebbe qualche centinaio di milioni. E chiediamoci anche: davvero soldati, aerei, navi saranno sostituiti crescentemente da tecnici informatici? La risposta degli esperti è sì. È inevitabile. Costi a parte, i sensori consentono il collegamento istantaneo dei droni, la manovrabilità coordinata, la loro concentrazione o dispersione nello scaricarci addosso qualsiasi tipo di arma di distruzione di massa.

Ovviamente gli americani non stanno con le mani in mano. Dispongono già dei prototipi di antidroni. Le guerre aeree si svolgeranno proprio sulle nostre teste. Non più nel cielo o nello spazio come nel fantascientifico progetto di Reagan dello scudo spaziale. Il che non mi pare più consolante.

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