Mercoledì 24 Aprile 2024

Quanto vale l'export italiano di armi in Turchia

Un giro di affari di oltre 360 milioni nel 2018. Rete per il Disarmo: "Nel 2019 già consegnati 46 milioni di materiale militare". Germania e Stati Uniti i maggiori fornitori. Nella Ue Italia al secondo posto

Soldati turchi nel Nord della Siria (LaPresse)

Soldati turchi nel Nord della Siria (LaPresse)

Roma, 14 ottobre 2019 - Contro l'offensiva di Erdogan in Siria, l'Italia annuncia il blocco della vendita di armi alla Turchia, unendosi a Germania, Francia e Olanda. Ma quanto vale l'export italiano con destinazione Ankara?

La Turchia è al terzo posto tra i Paesi ai quali l'Italia vende armi, dopo Qatar e Pakistan. Secondo l'ultima relazione al parlamento dell'Uama (l'Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento), datata lo scorso aprile, nel 2018 in Italia sono state autorizzate esportazioni per un totale di 362,3 milioni di euro, circa 100 milioni in più del 2017 e oltre il doppio rispetto al 2016. Un arsenale fatto di munizioni, bombe, siluri, missili, aerei, ma anche tecnologia per la produzione e lo sviluppo, software. Insomma, ogni tipo di fornitura militare. 

La Rete Italiana per il Disarmo aggiunge che "nel 2019 sono stati (già) consegnati 46 milioni di euro" di materiale militare alla Turchia, "un record". Per la maggiora parte, spiega Giorgio Beretta, analista di Opal (Osservatorio Permanente sulle armi leggere) e di Rete Disarmo, si tratta di armi e munizionamento prodotti nella provincia di Roma (39 milioni), ma figurano anche quasi 5 milioni di euro dalla provincia di Brescia, sopratutto di componenti di armi come canne e caricatori (3,7 milioni di euro) che possono essere sia di tipo comune che militare". 

"Sempre nel primo semestre del 2019 - continua Beretta - sono stati esportati dalla provincia di Roma alla Turchia componenti per aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi per un record di oltre 124 milioni di euro. Dai dati forniti dall'Istat non è possibile sapere se si tratta di materiali per uso civile, militare o di duplice uso". In questo senso la RID chiede alle istituzioni "un maggior grado di trasparenza riguardo ai trasferimenti di materiale militare".

Armi italiane ai curdi 

Nel 2014 - spiega ancora l'Uama - l'Italia inviò armi anche ai curdi, in funzione anti-Isis. In quel caso però si trattò di una cessione e non di una vendita: in totale furono mandate 200 mitragliatrici e duemila razzi Rpg, con relative munizioni.

Italia quarto maggior fornitore dal 2000 al 2019

La Germania è uno dei più importanti fornitori di armi della Turchia. In base ai dati forniti dall'Istituto di ricerca per la Pace tra i popoli di Stoccolma, tra il 2005 e il 2009 è stata il primo fornitore, con un picco toccato nel 2005, quando l'import raggiunse il volume di 602 milioni di dollari. I numeri sono poi calati progressivamente dal 2008, fino a un volume di appena 2 milioni di dollari di acquisti effettuati dalla Turchia nel 2016.

Dal 2010 la Germania è stata scalzata dagli Stati Uniti. Nel 2009 lo scambio commerciale con Washington per quanto riguarda la Difesa era di appena 11 milioni di dollari, ma è salito a 335 l'anno seguente e a 1.009 nel 2011, per poi raggiungere il picco di 1.110 nel 2013. Tra il 2000 e il 2019 risulta che Ankara abbia acquistato armamenti da Washington per un totale di 5.590 milioni di dollari, più del doppio dei 2.437 milioni di dollari di armamenti acquistati dalla Germania.

Alle spalle di Usa e Germania, nella classifica dei maggiori fornitori compare la Corea del Sud, che ha venduto armi per 1.392 miioni di dollari tra il 2000 e il 2019, seguita dall'Italia con un volume di affari di 886 milioni di dollari, sempre nello stesso lasso di tempo. 

Seguono Inghilterra (610 milioni), Francia (556 milioni), Olanda (329). 

Il ruolo della Russia è stato prossimo allo zero fino a quest'anno, quando si è concretizzato l'acquisto del sistema di difesa missilistico S-400, avvenuto dopo il rifiuto dell'ex presidente Usa, Barack Obama, di vendere i missili Patriot al presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. La collaborazione tra Ankara e Mosca prevede anche scambi di tecnologie, sviluppo e ricerca.