L’amante di Hitler, dubbi sul suicidio

Parla Alice Franck Stock, 101 anni, ultima testimone della fine della ragazza nel 1931. L’ombra del delitto

Adolf Hitler con Angela Maria ‘’Geli’’ Raubal

Adolf Hitler con Angela Maria ‘’Geli’’ Raubal

Washington, 17 febbraio 2020 - "Sì – dice Alice Franck Stock – l’ho vista io con questi occhi la bara uscire dall’appartamento di Hitler". Era il 18 settembre 1931. In quella bara c’era il corpo di una donna. Una donna giovane e affascinante. Si chiamava Angela Maria ‘’Geli’’ Raubal e – come scrisse Joachim Fest nella monumentale Storia del Terzo Reich – fu "il primo, vero, unico amore" del Fuhrer. Alice ha 101 anni. 

Negli anni Venti e Trenta del secolo scorso abitava a Monaco di Baviera. Elegante condominio sulla Prinzregentenplatz. Sullo stesso pianerottolo un’altra porta. E un nome: Adolf Hitler. All’epoca non era ancora cancelliere ma già capo del partito nazionalsocialista. "Tutti sapevano della relazione", aggiunge. Geli aveva 23 anni. Adolf 19 di più e ne era lo zio, nel senso che la madre della ragazza era la sua sorellastra. "Abitavano insieme. Insieme uscivano. Insieme andavano a teatro scortati dalle SS". I suoi ricordi sono stati raccolti dall’americana Fox Television che a sua volta fa riferimento all’agenzia inglese Swns. 

La vegliarda vive in Inghilterra. E ovviamente, data l’età, è l’ultima testimone diretta di una storia che ha scatenato le ricostruzioni e le speculazioni degli storici, degli scrittori, del cinema. Del resto gli ingredienti ci sono tutti: potere e sesso, morbosità familiare, e poi le personalità di uno dei più orrendi dittatori del Ventesimo secolo e di una delle femme fatale della Repubblica di Weimar. 

Infine il mistero. Come morì la ragazza? Suicidio? Omicidio? Suicidio, stabilì senza esitazioni il ministro della Giustizia della Baviera Franz Guertner e bloccò le indagini del suo procuratore. Presumibilmente non intendeva correre i rischi di Fritz Gerlich, il giornalista del Muenchner Post che aveva denunciato il caso. E infatti Gerlich fu picchiato, portato a Dachau, ucciso nella notte dei Lunghi Coltelli (luglio 1934). Ma aveva raccolto elementi concreti a sostegno dell’altra tesi, l’omicidio. 

Geli aveva il naso fratturato e altre ferite, segni di colluttazione. Era distesa sul tappeto. In mano la pistola Walther dalla quale era partito il colpo al petto. E quanto alle motivazioni, apparivano contestabili quelle fornite dai fedelissimi Rudolf Hess e Baldur von Schirach: innamorata al punto da non rassegnarsi alle lunghe solitudini. 

In realtà Geli aveva avuto un’accesa discussione con lo zio. Lo confessò a un’amica. Voleva trasferirsi a Vienna e sposarsi. Aggiunse: non ne posso più della sua ossessione, sono seguita dappertutto. E aveva accennato anche alle pratiche sessuali. "Non puoi nemmeno immaginarle", aveva scritto. 

Oggi la centenaria Alice non ricorda di avere sentito il colpo di pistola. Forse attutito dai muri robusti. Più plausibile l’omicidio. Non necessariamente per mano dello zio, anche se abbondantemente cornificato. I gerarchi del partito erano ostili alla relazione. Distraeva il Fuhrer dalla campagna elettorale del 1933, quella che avrebbe vinto. Ma c’era di più. 

Geli aveva fatto da postina fra Vienna e Monaco. Portava allo zio amante buste di denaro di provenienza, pare, americana. Ne poteva nascere uno scandalo. La sua morte ebbe su Hitler un effetto di permanente depressione. Avrebbe detto Goering al processo di Norimberga: ne cambiò il carattere, lo rese nevrastenico.

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