L'aborto diventa reato anche in Alabama. Cosa succede negli Usa

Proteste e ricorsi alla Corte Suprema per la legge, che vieta ora di sopprimere una vita nascente quando batte il cuore. Georgia e Louisiana hanno introdutto analoghe misure restrittive

Manifestazione antiabortista Usa (Lapresse)

Manifestazione antiabortista Usa (Lapresse)

New York, 9 maggio 2019 - L’ondata anti-abortista negli Stati Uniti non accenna a placarsi. In Alabama è stata varata una norma restrittiva che mette fuori legge quasi tutte le forme di interruzione volontaria di gravidanza. In base al provvedimento, praticare l’aborto all’interno dei confini dello stato diventa un reato per i medici che eseguono l’intervento. Il testo è sulla scrivania del governatore repubblicano Kay Ivey e se dovesse essere firmato potrebbe finire davanti alla Corte Suprema.

Giorni addietro il governatore della Georgia, Brian Kemp, ha promulgato una legge, ora entrata in vigore, che vieta l’aborto fin dal momento in cui è possibile percepire il primo battito cardiaco fetale, ovvero dopo circa 6 settimane dall’inizio della gravidanza. La Georgia è il quarto Stato americano ad aver adottato una legge restrittiva, che preclude l’accesso alle interruzioni volontarie di gravidanza (ivg) che erano state a suo tempo riconosciute da una sentenza della Corte Suprema, relativamente al caso Roe v. Wade del 1973. La precedente legge sull’aborto della Georgia, che sarà sostituita dalla nuova norma, garantiva invece il diritto all’accesso alle procedure abortive entro le 20 settimane. Probabile il ricorso alla Corte Suprema Usa, che di recente ha stroncato la stretta varata dallo stato della Louisiana.

Durissima negli Usa l’opposizione dei deputati democratici e dei sostenitori del diritto all’aborto, che sottolineano come molte donne non siano neppure a conoscenza di essere incinte alla sesta settimana di gravidanza e che la finestra di legalità rende impossibile ottenere una consulenza ostetrico ginecologica. Le organizzazioni American Civil Liberties Union, Planned Parenthood Southeast e Center for Reproductive Rights hanno annunciato l’intenzione di contestare la legge davanti alla giustizia, preparandosi anche a una dura battaglia a suon di ricorsi.