Genova, 18 giugno 2013-  È morto in Siria combattendo contro il governo di Assad, ma non era siriano. E neppure arabo. Era genovese. Giuliano Ibrahim Delnevo, 24 anni, italiano convertito all’Islam, sarebbe rimasto ucciso combattendo tra le fila dei ribelli dopo essersi unito alla guerriglia sunnita legata all'Islam.

Secondo quanto si apprende, non si esclude che il ragazzo possa essere stato contattato attraverso il network jihadista Sharia4, una rete internazionale che forma alla 'street dawa', la predicazione di strada anche attraverso internet il cui ideatore, un marocchino di 21 anni, è stato arrestato a Brescia dalla Digos qualche tempo fa e per il quale sono stati ipotizzati i reati di addestramento con finalità di terrorismo internazionale e di incitamento alla discriminazione e alla violenza per motivi razziali, etnici e religiosi.

Sulla sua pagina Facebook Giuliano - che parlava correttamente arabo e si era fatto crescere la barba di 'un pugno' come detta la scrittura - aveva postato alcuni passi del Corano. Figlio di genitori separati, si era iscritto all’università, nella facoltà di Storia, che poi aveva abbandonato per seguire la sua fede.

ERA INDAGATO PER TERRORISMO - La procura di Genova ha aperto un fascicolo sulla sua morte. Intanto si è venuto a sapere che il giovane era indagato da tempo per il reato di arruolamento con finalità di terrorismo internazionale, insieme ad altre cinque persone tra le quali alcuni maghrebini e un altro italiano. Giuliano Ibrahim Delnevo, potrebbe essersi convertito e esser stato reclutato in Marocco dove si recava spesso e dove aveva si era sposato con una ragazza del posto.

LA COMUNITA' ISLAMICA LIGURE - "Conoscevo poco Giuliano - ha commentato Salah Hussein, segretario generale della comunità islamica della Liguria - l’ho riconosciuto soltanto dalla foto, sulle prime il suo nome non mi aveva detto nulla. L’ho visto un paio di volte, durante il Ramadan, non ricordo se al Porto Antico a in Sala Chiamate. Ricordo che indossava una tunica bianca e un turbante".

"Quello degli islamici europei che vanno a combattere in Asia - continua Hussein - non è certo un fenomeno diffuso neppure qui in Liguria, è una scelta forte che fanno in pochi. Tanto più è difficile da fare nel caso della Siria, dove c’è molta confusione, non si capisce bene dove stia la verità e sembra che ci sia del marcio da entrambe le parti. Il mio augurio è che finisca al più presto questa guerra che ha già fatto tante vittime innocenti".

"IN 50 SONO PARTITI DALL'ITALIA" - Eppure la Comunità del Mondo arabo in Italia ha affermato che sarebbero ''45-50' le persone partite dall'Italia per combattere con i ribelli in Siria". "Gli 'Italiani' partiti sono soprattutto dal centro-Nord, ma anche da Roma''. In Siria, questi gruppi sarebbero concentrati ''in gran parte nella zona di Dayr az Zor e Aleppo'' dove, tra gli altri, c'è anche un'italiana, ha ancora riferito Aodi. Lì le donne, secondo quanto riferito alla Comai dalle stesse fonti, ''svolgerebbero compiti di assistenza'' ai ribelli.

BONINO RASSICURA - "Non credo proprio che si sia di fronte a una possibile ondata di terroristi islamici in partenza dall’Italia", ha rassicurato invece il ministro degli Esteri Emma Bonino. "Sappiamo che il giovane genovese era li’, ma non sappiamo veramente niente altro", ha aggiunto. E ambienti dell’antiterrorismo escludono che in Siria a fianco dei ribelli ci siano 45-50 italiani. "Non ci sono riscontri a cifre di questo tipo - dicono -. Una cinquantina sono gli italiani convertiti all’Islam di sentimenti più radicali", ma questo non significa di per sè che abbiano deciso di imbracciare un kalashnikov o di partire per la guerra. Più difficile capire se in Siria siano andati a combattere persone transitate dall’Italia o magari anche partite dall’ Italia ma in questo caso non si tratterebbe comunque di italiani.