Tripoli, 24 marzo 2011 - Muammar Gheddafi non molla la presa: l'artiglieria del Colonnello ha ricominciato a martellare Misurata colpendo, tra l’altro, l’ospedale. Fonti mediche hanno annunciato che in una settimana di combattimenti tra forze pro-Gheddafi a insorti in città sono morte 109 persone e altre 1.300 sono rimaste ferite. I ribelli hanno anche annunciato di aver ucciso 30 cecchini del regime nella città contesa.

A metà giornata si è diffusa la notizia che un jet libico, un monomotore G2 Galeb, è stato distrutto da un caccia francese Rafale subito dopo l’atterraggio all’aeroporto di Misurata. È stato sparato un missile aria-terra. Si tratterebbe del primo velivolo colpito in volo dall’imposizione della No fly zone. In serata nuovi raid aerei alla periferia di Tripoli. Tiri della contraerea e esplosioni sono stati uditi anche a Sirte, città natale del Raìs.

Sul terreno Gheddafi intensifica la sua offensiva. Le notizie stentano ad arrivare da Misurata perché la terza città della Libia, che dista 200 km dalla capitale, è isolata. Coperti dall’oscurità, i tank di Gheddafi sono penetrati in città e hanno martellato l’area vicino all’ospedale. "La situazione è molto grave", ha riferito un medico dalla città, prima che cadesse la linea. A portare terrore e morte sono anche i cecchini, che per i ribelli hanno fatto almeno 16 morti. I rivoltosi dicono che il regime controlla il porto, dinanzi al quale stazionano due navi da guerra e alcune imbarcazioni, e che nell’area portuale sono rimasti bloccati migliaia di egiziani e di lavoratori subsahariani che cercavano una fuga via mare.

Le cose non vanno meglio per la popolazione civile di Zintan, alla cui periferia i lealisti stanno ammassando truppe e carri armati. Ad Agedabia, accerchiata dalle truppe del Colonnello, sarebbe molto critica la situazione degli ospedali, ormai rimasti privi di cibo, medicine ed elettricità, ma i ribelli combattono per riconquistare la città che è lungo la strada verso Bengasi.

"VITTIME CIVILI" - Le incursioni aeree della coalizione internazionale sulla Libia avrebbero provocato "un centinaio di morti" tra le vittime civili dall’inizio delle operazioni, sabato scorso: lo ha affermato Moussa Ibrahim, portavoce del governo di Muammar Gheddafi. A Tripoli alcuni funzionari hanno portato i giornalisti della Reuters in un ospedale dove sono stati mostrati loro i cadaveri di 18 uomini, alcuni carbonizzati in maniera da essere irriconoscibili, dicendo che erano civili e militari uccisi dai bombardamenti. Si tratta dei primi reporter stranieri a cui sono stati mostrati vittime di bombardamenti.

E dagli Stati Uniti arrivano le prime 'ammissioni'. "Non possiamo escludere che ci siano state vittime civili nei bombardamenti". Parole del comandante delle truppe Usa in Africa, generale americano Carter F. Ham, che smentiscono quanto affermato finora dai vertici americani a proposito dei raid aerei. Nel corso di una conferenza stampa nella base militare di Sigonella, il generale ha risposto così ad un giornalista che gli chiedeva se finora ci sono state vittime civili nei raid. "Non sono sicuro di poterlo dire", anche se ha precisato di essere sicuro che in Libia "stiamo operando con una precisione assoluta. I nostri piloti stanno lavorando con precisione chirurgica".

LA NATO COMANDA, UN PO' - Per il momento è stato deciso che la Nato guiderà le operazioni per imporre la no fly zone sulla Libia. Si sta invece ancora valutando l’opportunità che l’Alleanza Atlantica assuma "maggiori responsabilità". A dare il senso delle decisioni che stanno prendendo forma al Consiglio Atlantico a Bruxelles è il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, come riportato dalla Bbc.  Rasmussen ha fatto chiaramente fatto intendere che ci sono alcuni aspetti dell’operazione che rimarranno in mano all’attuale coalizione. Il problema che frena l’assunzione di un ruolo maggiore della Nato sembra essere determinato dalle differenze di opinione sull’opportunità di attacchi anche alle truppe di terra del colonnello Gheddafi.

Del resto da Bruxelles il presidente francese Nicolas Sarkozy fa sapere che il coordinamento della missione militare in Libia "deve restare prevalentemente politico".

Il Consiglio europeo intanto informa che "le operazioni militari si concluderanno quando la popolazione civile sarà al sicuro dalla minaccia di attacchi e quando gli obiettivi della risoluzione 1973 saranno raggiunti". Nel testo adottato si riconosce che le azioni della coalizione dei volenterosi lanciata dopo "il vertice di Parigi del 19 marzo" ha "contribuito a salvare vite umane". Il Consiglio europeo ha voluto "enfatizzare il ruolo chiave dei paesi arabi, ed in particolare della Lega Araba, nel supporto attivo per la messa in atto della risoluzione 1973 delle Nazioni Unite e per trovare una soluzione politica" alla crisi libica. Ribadito inoltre che Gheddafi deve lasciare "immediatamente" il potere per consentire l’avvio di un processo di transazione democratica attraverso un dialogo allargato a tutte le parti "tenendo in considerazione la necessita’ di assicurare la sovranità e l’integrità territoriale" della Libia.

DODICI AEREI DAGLI EMIRATI ARABI - Gli Emirati arabi manderanno 12 aerei da combattimento in Libia, per rafforzare la coalizione internazionale. Lo si è appreso da fonti americane. Secondo quanto riferito dalla Cnn e da altri blog Usa si tratta di sei F-16 e di sei Mirage. La Cnn ha riferito anche che la Turchia si è impegnata a mettere a disposizione alcune sue basi militari per le operazioni di rafforzamento della no fly zone sulla Libia.

MISSIONE DI TERRA? - Il ministro della francese della Difesa, Gerard Longuet, ha detto che la risoluzione 1973 dell’Onu, che autorizza l’uso della forza in Libia è "estremamente flessibile" e permette "un intervento di terra". Anche una fonte militare diplomatica straniera citata dall'Interfax paventa l'ipotesi di un intervento di terra. "Tutto questo può durare altre due settimane o forse due mesi. Può finire e poi ricominciare di nuovo. C’è un’espressione dalla Seconda guerra mondiale, ‘mettere gli stivali sul terreno’. Non riesci a vincere a meno che tu non raggiunga il cuore, come a Berlino 65 anni fa". Il problema è come controllare il territorio. "Garantire la sicurezza dall’alto è complicato. E’ necessario un contatto diretto con le forze armate", ha sottolineato la fonte.

Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, durante la riunione del Consiglio di Sicurezza, ricorda che le Nazioni Unite, con la risoluzione 1973 approvata una settimana fa, hanno "vietato esplicitamente ogni ‘occupazione’ del territorio libico". Ma avverte Tripoli: "Ulteriori misure che vanno al di là della risoluzione 1973" potrebbero essere adottate dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu nei confronti della Libia se il governo di Muammar Gheddafi non seguirà le richieste della comunità internazionale.

Comunque in serata il presidente francese Nicolas Sarkozy ha escluso la possibilità di un intervento militare terrestre. Rispondendo ad una domanda al termine della prima giornata dei lavori del Consiglio Ue Sarkozy ha detto che un’azione militare via terra non sarà realizzata "’né ora né successivamente’’.

LA RUSSA: "NON ABBIAMO MAI SPARATO" - Gli aerei italiani messi a disposizione dall’Italia per le operazioni militari internazionali contro il regime di Muammar Gheddafi hanno compiuto “10 missioni e 32 sortite”: lo ha detto oggi alla Camera il ministro della Difesa Ignazio La Russa, in vista di un nuovo voto sulla missione internazionale voluta dalle Nazioni Unite. Durante le operazioni dei Tornado italiani “non sono state rilevate emissioni radar della difesa aerea libica e dunque non è stato necessario un intervento attivo dei sistemi d’arma di bordo”, ha precisato La Russa.

 “Tra gli assetti” messi a disposizione dall’Italia “non figurano Tornado in tradizionale configurazione di attacco”: “una scelta fatta in piena concordanza con la coalizione e senza alcun contrasto”, ha aggiunto il ministro.

In una dichiarazione alla Camera, il Ministro ha poi fatto il punto della situazione. Oltre ai 4 Tornado Ecr e ai 4 caccia F-16, gia’ messi a disposizione dall’Italia per le operazioni in Libia, ‘’potranno essere disponibili nei prossimi giorni per le operazioni a guida Nato’’, un gruppo navale e altri velivoli che attualmente ‘’stanno operando sotto comando nazionale’’.

L'ITALIA CONTATTA GLI INSORTI - L’Italia ha aperto un canale con gli insorti di Bengasi ed i nostri 007 sono stati i primi in Occidente a muoversi in questo senso. Lo si apprende da alcuni esponenti del Copasir, dove oggi si è svolta un’audizione con il direttore del Dis, Gianni De Gennaro. Il ministro degli Esteri Frattini, che esclude di volere una Libia divisa in due, ha avuto contatti con il Presidente del governo provvisorio libico ed oggi la Farnesina ha annunciato la riapertura del consolato italiano a Bengasi.

Inoltre il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha avuto un "cordiale" colloquio telefonico con il capo del governo transitorio libico, Ibrahim Jibril, secondo quanto riferito da una nota della Farnesina. L`Italia continuerà a dare "pieno sostegno agli sforzi per giungere ad un cessate il fuoco e alla fine delle violenze sui civili" in Libia "al fine di porre le premesse per l`avvio di un dialogo politico ed inclusivo di riconciliazione nazionale volto alla costruzione di una Libia democratica ed unita e per la ricostruzione economica e sociale del Paese".

Jibril ha espresso "apprezzamento per l`impegno dell`Italia in favore del popolo libico anche attraverso le diverse iniziative umanitarie finora messe in essere". Iniziative "che l`Italia - ha rassicurato Frattini - continuerà a sviluppare in base alle necessità che si presenteranno".

L'EMBARGO PETROLIFERO - L’Italia "non è contraria in linea di principio"’ alla proposta lanciata oggi dalla cancelliera tedesca Angela Merkel su un embargo petrolifero completo verso la Libia ma ritiene opportuno che una decisione del genere venga assunta dall’Onu per impegnare tutti i Paesi e non solo gli europei al rispetto di tali misure. Lo riferiscono fonti italiane a margine del Consiglio europeo di Bruxelles. Del resto, sottolineano le stesse fonti, per l’Italia non si avrebbe un impatto significativo dal momento che il flusso di greggio e’ gia’ bloccato di fatto a seguito delle sanzioni imposte dall’Onu e dall’Ue contro il regime di Gheddafi.

 L’Unione europea è pronta ad adottare nuove sanzioni nei confronti della Libia, "incluse quelle necessarie per impedire che gli introiti derivanti dalla vendita di petrolio e gas arrivino al regime di Gheddafi", si legge in un estratto delle conclusioni del Consiglio europeo sulla Libia. I Paesi membri "presenteranno analoghe proposte al Consiglio di sicurezza dell’Onu".