L’ENTITÀ del disastro di ieri conferma che il Giappone, pur essendo il Paese più preparato al mondo per il terremoto, resta impotente davanti alla furia incontrollabile della natura. Dalle prime notizie e valutazioni, appare che non è stata la scossa di per sé, pur con la sua inaudita violenza, e quelle successive di assestamento, a causare la sciagura, ma lo tsunami che l’ha seguita dopo pochi minuti, con le onde dell’oceano fino a dieci chilometri sulla terraferma. Gran parte degli edifici e delle infrastrutture, tutti costruiti con tecniche antisismiche, aveva retto. Ma nulla ha potuto fermare la violenza delle ondate che hanno invaso il territorio di Sendai e Miyagi, travolgendo nella loro avanzata tutto: esseri umani, case, industrie, imbarcazioni, strade. La preparazione del Paese davanti al terremoto è stata sottoposta a un severo test da uno dei maggiori sismi della storia, certo il maggior che dal 1900 abbia colpito l’arcipelago, dopo quello del 1923 che devastò Tokyo facendo più di 120 mila vittime, e quello del gennaio 1995 a Kobe, dove provocò oltre seimila morti.

LE IMMAGINI, nel 1995, di ponti e ferrovie afflosciatesi a Kobe come fossero di burro avevano fatto rafforzare le misure di prevenzione, le tecniche antisismiche. Adesso si sta ancora facendo il conto delle perdite umane, mentre incalcolabili appaiono i danni provocati da un sisma la cui violenza secondo gli esperti è superiore migliaia di volte a quello dell’Aquila. E’ istintivo domandarsi in quale ordine di migliaia sarebbero state le vittime se il terremoto avesse colpito in altri luoghi, diversi dal Giappone. Pur essendo a una certa distanza dall’epicentro, Tokyo, con la sua area fittamente abitata, ha subìto scosse violente: i suoi grattacieli sono oscillati paurosamente, ma sono rimasti intatti, come gli altri edifici; intatti cavalcavia e sovrappassi delle grandi arterie urbane; intatte le strutture ferroviarie e del metrò, benché il traffico sia stato sospeso per precauzione.

IL GOVERNO ammette i rischi in alcuni impianti nucleari, ma intanto i dieci milioni di pendolari e gli altrettanti abitanti della metropoli non hanno ceduto al panico, cercando di organizzarsi nell’emergenza.

SI SONO VISTE, in Tv, su strade senza traffico, composte folle di pedoni ferme ai semafori aspettando il verde. Tokyo è colpita, ma non smarrita. Il fatto è che il Giappone ‘vive’ con il terremoto. E’ colpito da duemila scosse all’anno, di varia intensità. Ovunque vi sono punti di raccolta, ben segnalati, in cui rifugiarsi in caso di sisma; a Tokyo ogni giorno tremila potenti altoparlanti, a ore fisse, ricordano il pericolo incombente, le norme di sicurezza, il punto di raccolta della propria zona. Nelle scuole, sotto i banchi, vi è per ogni alunno il kit di sopravvivenza, e spesso si svolgono all’improvviso esercitazioni con simulazione del sisma. Ma quando arriva quello vero, con la violenza di ieri, la preparazione non è mai abbastanza.