{{IMG_SX}}New York, 14 maggio 2008 - Ha vinto Greenpeace. Gli orsi polari sono ufficialmente una specie protetta, secondo il governo di Washington, che cita esplicitamente gli effetti dell'effetto serra sulla calotta polare artica. E' una vittoria per gli ambientalisti che da tempo attendevano una decisione a tutela degli orsi.

 

Il parere del dipartimento del Territorio ha potenzialmente ricadute enormi sulla salvaguardia del patrimonio naturale e faunistico dell'Alaska e del litorale del mar Artico. Ma la terminologia utilizzata dal ministro repubblicano Dirk Kempthorne lascia spazio a qualche dubbio.
Kempthorne dice a chiare lettere che proteggere gli orsi polari non significa "avere un impatto diretto sui cambiamenti climatici" e non può essere un intervento "contro lo scioglimento dei ghiacciai". Come a dire che la tutela degli orsi non bloccherà i progetti in atto di sfruttamento energetico dell'Artico, ciò che invece auspicavano Greenpeace e i movimenti ambientalisti.
La decisione, continua il ministro, "consentirà di proseguire con lo sviluppo delle risorse naturali nella regione artica, purchè si rispetti l'ambiente".


In gioco ci sono, in particolare, i progetti di esplorazione petrolifera del sottosuolo dell'Alaska e le piattaforme offshore al largo del mar Artico, per le quali il governo americano ha già dato concessioni milionarie alle compagnie petrolifere.
Il dipartimento del territorio ha infatti dichiarato gli orsi polari 'specie protetta', inserendoli nella lista degli animali che godono dell'Endangered Species Act del 1973. La legge ha tuttavia creato due categorie di specie da tutelare: quella degli `endangered', ossia delle specie a rischio di estinzione, che godono di maggiori tutele e quella, appunto, dei 'threatened', specie protette, che non prevede interventi strutturali sull'habitat delle specie ma comunque impone sanzioni severe contro chi violi la legge.
 

Dopo questa attesa presa di posizione da parte dell'amministrazione Bush, gli ambientalisti esultano ma mantengono la cautela, in attesa dei dettagli della questione.
Non gioiscono invece coloro che hanno interessi economici sull'Artico. Temono infatti che, per effetto dell' Endangered Species Act, le concessioni per le trivellazioni possano in futuro essere più difficili, con limitazioni alla quantità di petrolio estratto.
 

L'effetto potrebbe essere quello di un ulteriore rincaro dei prezzo del greggio. Uno studio condotto da Kevin Hassett, esperto dell'American Enterprise Institute, uno dei più influenti think tank conservatori di Washington, dice che a causa delle tutele degli orsi, il prezzo del greggio potrebbe volare addirittura oltre i 200 dollari al barile.
Ma sinora non esistono prove del fatto che l'Amministrazione americana possa impedire alle compagnie di esplorare le acque o estrarre petrolio. Anche perché in base alla legge l'amministrazione ha il compito di vigilare sulla tutela sanzionando le violazioni una volta effettuate ma non è chiaro se e come debba prevenirle.
Kempthorne ha già detto di aver pubblicato un regolamento che definisce lo scopo e l'impatto della decisione, per far in modo che l'Endangered Species Act "non venga forzato applicando politiche contro l'effetto serra", che vanno al di là del raggio d'azione del provvedimento.
 

Non mancano le prime critiche al governo: " bisogna vedere come funziona l'Endangered Species Act, perchè potrebbe provocare danni economici senza neanche proteggere gli orsi", commenta l'Heritage Foundation, un think tank ultraconservatore, che conclude dicendo che inserire l'orso polare tra le specie in via d'estinzione significa far più danno che altro.