{{IMG_SX}}Roma, 2 maggio 2008 - Libero, dopo sei anni e mezzo nel carcere americano di Guantanamo: il sito di Al Jazeera oggi apre sull'incredibile storia di Sami al-Hajj, cameraman dell'emittente qatariota, ieri scarcerato e rientrato stamattina nel suo paese, in Sudan. Parlando all'emittente, al Hajj dice degli Stati Uniti, "ai detenuti non danno nemmeno i diritti che darebbero agli animali. Trattano meglio i topi".


Sami al Hajj è stato liberato con altri due detenuti sudanesi, Amir Yacoub al-Amir e Walid Ali. I due hanno dichiarato di essere stati ammanettati, bendati e incatenati ai sedili durante il volo verso il Sudan. Con loro, secondo l'associazione "Reprieve" che segue il caso di alcuni detenuti, c'era anche il marocchino Said Boujaadia. Arrivato questa mattina in Sudan, al Hajj è stato trasferito in ospedale, portato giù in barella dal caccia dell'Aeronautica americana. La moglie e i figli lo hanno raggiunto a Khartoum.


Il fratello, Asim al-Hajj, ha detto a Al Jazeera che non lo ha riconosciuto perché sembra un ottantenne. Ma di anni, Al-Hajj ne ha 38. Come altri sei detenuti, era in sciopero della fame dal 7 gennaio 2007: come gli altri, veniva nutrito a forza due volte al giorno attraverso un sondino nasale. Le conseguenze di 16 mesi di questa nutrizione artificiale lo terranno un po' in ospedale.


Secondo la versione di un funzionario della Difesa di Washington, al Hajj "non è stato rilasciato, è stato trasferito all'autorità del governo sudanese": ma il ministero della Giustizia di Khartoum interpellato da Al Jazeera ha dichiarato che al Hajj è un uomo libero, non sarà arrestato né incriminato.


L'ambasciata statunitense a Khartoum si è limitata a segnalare la "collaborazione" del governo sudanese.
Sami al Hajj è l'unico reporter di una grande organizzazione mai detenuto a Guantanamo.

 

"Sono fortunato perché Dio mi ha concesso di essere liberato" ha detto secondo il sito di al Jazeera, ma il pensiero resta ai 275 tuttora detenuti nella base Usa. Il carcere militare sull'isola di Cuba, che ha visto passare dal 2001 in tutto 775 prigionieri della 'guerra contro il terrorismo', moltissimi arrestati in Afghanistan, è ora svuotato dei due terzi: larghissima parte dei prigionieri sono stati consegnati ai paesi d'origine.

 I contatti con gli avvocati sono difficili (quasi tutti hanno avvocati d'ufficio), quasi nessuno dei 275 ancora a Cuba è stato incriminato, sono stati istruiti fra grandi difficoltà solo una quindicina di processi davanti a tribunali militari, alcuni per cospirazione relativa agli attentati dell'11 settembre 2001. Guantanamo, secondo l'opinione più diffusa anche a Washington, è uno scandalo: il problema è come chiuderlo senza perdere la faccia.


Al Hajj fu arrestato dall'intelligence pachistana mentre era in viaggio vicino alla frontiera afgana nel dicembre del 2001, con un visto e l'accredito di al Jazeera in tasca. Fu consegnato nel gennaio 2002 all'esercito Usa e trasferito a Guantanamo come "nemico combattente", la formula usata dall'amministrazione Bush per consentire la detenzione illimitata senza incriminazione.

Come tantissimi altri detenuti non è mai stato processato, e gli Stati Uniti quindi non hanno ufficializzato di cosa fosse accusato.


Nell'udienza che lo etichettò come "nemico combattente" però si disse che negli anni Novanta aveva diretto una società produttrice di bevande in Qatar che finanziava i combattenti islamici in Bosnia e Cecenia. Si disse inoltre che era stato almeno 8 volte in Azerbaigian come corriere per la al-Haramain Islamic Foundation, associazione ora disciolta che secondo le autorità Usa finanziava i gruppi armati; inoltre si disse che aveva incontrato Mamdouh Mahmud Salim, collaboratore presunto di Osama bin Laden, arrestato in Germania nel 1998 ed estradato negli Stati Uniti.Roma, 2 mag. (Apcom) - Al Hajj ha parlato con Al Jazeera dal suo letto d'ospedale.

 

 "A Guantanamo trattano meglio anche i topi. Ci sono persone da oltre 50 paesi completamente private di ogni diritto. Sono felice di essere in Sudan, ma sono triste per i nostri fratelli ancora lì. E' violata la nostra dignità umana e l'amministrazione americana oltrepassa ogni valore umano, morale e religioso".
Interpellato da Al Jazeera, David Remes, avvocato che rappresenta 17 detenuti di Guantanamo, ha detto che il trattamento ricevuto da al Hajj era "fra i più orrendi" e comportava "un elemento di razzismo", perché "nessun europeo verrebbe trattato così". Del resto tutti i cittadini europei di origini asiatiche o mediorientali ormai sono stati liberati: un terzo dei prigionieri di Guantanamo ora sono yemeniti.


Quanto ai motivi del rilascio, secondo Rames "ormai l'amministrazione Bush vuole svuotare Guantanamo il più rapidamente possibile. E' diventato un marchio internazionale di vergogna". E prosegue: "Gli americani non approvano le violazioni dei diritti, ma non hanno simpatia per i detenuti di Guatanamo perché l'amministrazione ha fatto un ottimo lavoro presentandoli come la feccia della feccia. Ci sono stato: la dimensione umana di quel posto è una storia ancora da raccontare".


Le reazioni nell'emittente qatariota sono naturalmente di gioia: Wadah Khanfar, direttore generale, assicura "Sami continuerà a lavorare per noi. Ci congratuliamo con la famiglia".
"E' una notizia meravigliosa" ha detto da parte sua Clive Stafford Smith, il direttore di "Reprieve". L'associazione ha rappreentato al Hajj dal 2005. "L'amministrazione Usa non aveva alcun motivo di detenere al Haj. Invece ha cercato per sei anni di farlo rivoltare contro i suoi datori di lavoro". L'avvocato Zachary Katznelson di "Reprieve" ha spiegato che l'operatore ha problemi epatici, renali e urinari.

 


"Smai è il simbolo di tutto quello che non va a Guantanamo" commenta Katznelson. "Niente incriminazione, niente processo, accuse che cambiano, trattamenti brutali, niente rapporti con la famiglia, nemmeno una telefonata a casa. Nessuno lo ha mai accusato di aver torto un capello. Ma aveva meno diritti di uno stupratore o di un massacratore. Che succede alla giustizia americana?" Infine, Reporter senza frontiere ha espresso il suo "immenso sollievo". Per l'organizzazione "il caso è l'ennesimo esempio dell'ingiustizia che regna a Guantanamo. La base andrebbe chiusa il prima possibile".