{{IMG_SX}}Vienna, 29 aprile 2008 - José Fritzl oggi si presenterà davanti a un giudice che disporrà, con tutta probabilità, il carcere preventivo per il 73enne austriaco che ha confessato di aver tenuto sequestrata la figlia per 24 anni e di averla costretta a rapporti incestuosi, dai quali sono nati sette figli.

 

L'uomo, un elettricista in pensione, ha reso ieri una confessione totale, secondo fonti giudiziarie. Il suo interrogatorio durerà diversi giorni. Entro due settimane il giudice di Sankt-Poelten dovrà decidere se prolungare o meno gli arresti in attesa del processo. La polizia di Amstetten intanto continua a perquisire lo scantinato dove la donna e tre dei figli hanno trascorso segregati la loro esistenza. La realizzazione dello scantinato-prigione era stata autorizzata nel 1978 e i locali erano stati visitati dagli ispettori nel 1983, l'anno precedente all'inizio della prigionia della ragazza, allora diciottenne.

 

Restano, molteplici, gli interrogativi. Primo, come sia riuscito quest'uomo per un quarto di secolo ad "ingannare tutti", compresa la moglie Rosemarie che sembra fosse all'oscuro dell'intera vicenda: la scomparsa della figlia era stata giustificata dall'uomo con una lettera nella quale Elisabeth spiegava di essersi unita a una setta e pregava i genitori di non cercarla.

 

Elisabeth, e con lei via via che nascevano i figli, si trovava invece nel seminterrato dell'abitazione: un dedalo di stanzette senza finestre, dal soffitto alto appena 1,7 metri e sigillato con una porta di cemento armato con un sistema di accesso elettronico funzionante con un codice noto solo all'uomo.

 

Tre dei bambini vennero in seguito affidati ai Fritzl (anche in questo caso, sarebbero arrivati sulla porta di casa con un biglietto della presunta madre scomparsa che pregava i genitori di occuparsene); mentre gli altri tre (i primi due, di 19 e 18 anni, e il più piccolo, di 5 anni) rimasero con la madre. Il settimo sarebbe invece morto poco dopo la nascita e Fritzl ha raccontato di essersi disfatto del corpo gettandolo in un inceneritore.

 

I tre figli rimasti con Elisabeth "non hanno mai visto la luce del sole finché non sono stati liberati" dalla polizia, hanno spiegato gli inquirenti. Sono inoltre in corso le prove del dna per accertare che Fritzl ne sia effettivamente il padre. Per i figli segregati e Elisabeth è stato mobilitato un supporto psicologico. Proprio uno di loro, la primogenita, si deve la rivelazione del caso. La vicenda è stata scoperta solo lo scorso 19 aprile, quando una ragazza 19enne è stata abbandonata in stato di incoscienza nell'abitazione dei Fritzl ed è poi stata ricoverata all'ospedale di Amstetten in gravi condizioni: i medici avevano lanciato allora un appello televisivo alla madre della giovane perché si presentasse e li aiutasse a formulare una diagnosi.

 

Elisabeth, che aveva ascoltato l'appello alla televisione del seminterrato, aveva pregato il padre di lasciarla andare all'ospedale: Fritzl decise a quel punto di liberarla insieme agli altri due figli ancora segregati, spiegando alla moglie che Elisabeth aveva deciso di "tornare a casa". La polizia - grazie ad una soffiata - aveva poi identificato la 42enne Elisabeth e il padre, fermandoli non lontano dall'ospedale.

 

La donna, apparsa "assai turbata" agli inquirenti, dopo essersi fatta promettere di non dover più avere contatti con il padre e che i suoi figli sarebbero stati protetti, ha raccontato di essere stata oggetto di abusi sessuali fin dall'età di undici anni: nel 1984 era infine stata attirata dal padre in cantina, cloroformizzata e ammanettata; da allora non era più uscita dalla sua prigione.

 

Il caso ricorda quello di Natasha Kampusch, rapita nel 1998 a Vienna da un vicino di casa mentre si recava a scuola e riuscita a fuggire dopo otto anni di prigionia. La giovane, oggi ventenne, si è offerta di aiutare Elisabeth moralmente e finanziariamente.