{{IMG_SX}}Giacarta, 22 aprile 2008 - Arrivata nella notte a Giacarta, la torcia di Pechino 2008 ha subito dovuto fronteggiare le contestazioni dei manifestanti pro-tibetani: appena tre ore prima che avesse inizio la staffetta olimpica in programma alle 14 locali di oggi, le 8 del mattino in Italia, la polizia indonesiana ha infatti caricato un gruppo di attivisti per i diritti umani che protestavano contro la Cina all'esterno dello stadio nazionale 'Gelora Bung Karnò della capitale, teatro principale della cerimonia.

 

Almeno nove le persone arrestate e portate via dagli agenti per essere sottoposte a interrogatorio: compreso uno straniero, a quanto pare di nazionalità olandese, che è stato trattenuto. La maggior parte dei suoi compagni sono invece stati rilasciati poco dopo.

"Niente diritti umani, niente Giochi!" e "Un popolo unito sarà invincibile!", cantavano in coro i dimostranti, finchè i poliziotti in borghese non li hanno sopraffatti. La fiamma accesa nell'antica Olimpia è stata accolta con proteste di piazza, degenerate anche in disordini, lungo diverse tappe del tour mondiale che sta compiendo prima di rientrare nella Repubblica Popolare: a Londra, ancor più a Parigi, poi a San Francisco ma anche a New Delhi e a Bangkok; il percorso dei tedofori è stato spesso modificato o drasticamente ridotto, come in Pakistan o nella stessa Indonesia.

 

Quattro dei contestatori arrestati appartengono alla Fondazione per l'Aiuto Legale, un'organizzazione umanitaria indonesiana. Altri due indossavano invece i caratteristici copricapi in uso nello Xinjiang, la provincia nord-occidentale cinese già nota come Turkestan Orientale e abitata in prevalenza dalla minoranza islamica degli uyguri, insieme al Tibet una delle zone della Cina dove maggiore è l'insofferenza nei confronti del regime centrale.


"I musulmani cinesi danno il benvenuto all'Olimpiade di Pechino", era scritto sul cartello innalzato dai due manifestanti, cui è stato strappato dagli agenti; anch'essi sono comunque poi stati rimessi di nuovo in libertà.
La folla non si è comunque lasciata impressionare dall'intervento delle forze dell'ordine, peraltro non brutale, e ha continuato a intonare slogan come «Azione pacifica! Azione pacifica!» in risposta alle cariche. Molti indossavano magliette con impressa la dicitura «Tibet Libero».

 

 È occorsa ancora una mezz'ora prima che la protesta avesse termine, ma a quel punto i poliziotti hanno evitato di effettuare nuove retate. "Questi arresti dimostrano che l'Indonesia ha paura delle pressioni cinesi", ha denunciato uno dei dimostranti, tale Gatot, membro della Fondazione 'Legal Aid', alludendo alla presenza sulla scena della manifestazione delle onnipresenti 'guardie blù: gli agenti della sicurezza cinese che scortano la fiaccola olimpica in giro per il mondo. In base alle leggi indonesiane in materia di ordine pubblico, prima di ogni assembramento gli organizzatori debbono notificare alla polizia le proprie intenzioni con un preavviso di almeno 24 ore, e ottenerne regolare permesso.