{{IMG_SX}}Roma, 15 febbraio 2008  - Human Rights Watch scrive al re saudita perché conceda la grazia a Fawza Falih, condannata a morte per "stregoneria". La donna, denuncia l'ong, è stata arrestata e interrogata dalla polizia religiosa del Regno wahabita e poi processata nella città settentrionale di Quraiyat, senza mai avere diritto a provare la sua innocenza contro un accusa che non ha alcuna base giuridica.


"Il fatto che i giudici sauditi portino ancora avanti processi per crimini che non possono essere provati come la 'stregoneria', mette in evidenza la loro incapacità di condurre indagini penali obiettive" commenta Joe Stork, direttore per il Medio Oriente di Human Rights Watch. "Il caso di Fawza Falih è un esempio dell'impossibilità dei magistrati di fare il loro dovere, nonostante le tutele del quadro giuridico saudita".

Per arrivare alla sua condanna, nell'aprile 2006, i giudici si sono basati solo su una confessione estorta all'imputata con la forza e sulle dichiarazioni di testimoni che l'hanno accusata di averli "stregati". Falih ha ritrattato la sua confessione in tribunale, spiegando che le è stata estorta con la forza, e che essendo analfabeta non è nemmeno riuscita a leggere il documento che le è stato fatto firmare.

Nella sua testimonianza, ha anche denunciato percosse e maltrattamenti durante la detenzione di 35 giorni nelle mani della polizia religiosa; per questo, a un certo punto è stata anche ricoverata. I giudici non hanno mai indagato sull'attendibilità della sua confessione, né sui presunti poteri paranormali che avrebbero portato, per esempio, all'impotenza di un uomo, convinto di esserne stato "stregato". Stando alla ricostruzione fornita da Human Rights Watch, avrebbero anche infranto la legge a diverse riprese, ignorando le regole fondamentali di un giusto processo.

Oltretutto, una corte d'appello aveva stabilito nel settembre 2006 che Fawza Falih non poteva essere condannata a morte per "stregoneria", ritenuta un crimine contro dio, perché ha ritirato la sua confessione: e nonostante ciò, i giudici del tribunale hanno deciso di procedere con la condanna a morte su base "discrezionale", motivandola con l'"interesse collettivo" e la necessità di "proteggere le anime e i beni di questo paese".

"La condotta dei magistrati nel processo di Fawza Falih dimostra che erano interessati a tutto salvo che alla ricerca della verità" fa notare Stork. "Hanno calpestato ogni tutela legale che avrebbe potuto dimostrare l'assurdità dell'intero caso" ha aggiunto. Il 2 novembre, l'Arabia saudita aveva già condannato a morte per stregoneria Mustafa Ibrahim, un farmacista egiziano che abitava nella città settentrionale di Ar'ar, accusato di aver "usato i suoi poteri" per fare separare una coppia sposata, secondo un comunicato del ministero dell'Interno.