Giovedì 18 Aprile 2024

Sindaci e governatori, un successo

L'elezione diretta in Italia esiste già. E' quella per gli organi locali. Un modello che ha funzionato e che in tanti vorrebbero imitare

Francesco Tutelli e Giovanni Paolo II. Rutelli fu il primo sindaco di Roma eletto a suffra

Francesco Tutelli e Giovanni Paolo II. Rutelli fu il primo sindaco di Roma eletto a suffra

A loro modo sono forme di presidenzialismo, se pure in dimensioni ridotte. Certo sono riforme istituzionali che del presidenzialismo hanno mutuato i termini essenziali, ossia l’esigenza di stabilità e di rappresentatività della volontà dei cittadini. Stiamo parlando di due delle riforme che più hanno inciso nella vita dei cittadini, e che alla prova dei fatti si sono mostrate buone riforme: l’elezione diretta dei sindaci, arrivata nel 1993, e quella dei governatori, di qualche anno più tardi (2001, con la riforma del Titolo V della costituzione).

E sono riforme che nel tempo hanno ottenuto il gradimento dei cittadini, che per nessun motivo adesso sarebbero disposti a tornare indietro. Senza che nessuno evochi gli allarmi democratici o rischi peronisti che si sentono invece nominare quando si parla di presidenzialismo a livello nazionale: nessuno, una volta eletto un sindaco, anche di una grande città, o un presidente di regione, si sogna di accostare il governatore a un satrapo o il sindaco all’ultimo dei cacicchi. Anzi. La gente ha apprezzato e apprezza, tant’è che le percentuali di astensionismo alle amministrative di norma si abbassano.  E’ evidente che le dimensioni diverse tra stato e regione o comune non possono far accumunare in pieno le varie forme di governo (il discorso sui pesi e contrappesi per il livello nazionale ha certamente un’altra caratura) ma alcuni aspetti positivi del sistema di elezione diretta di sindaci e governatori si è vista. La prima è la stabilità. Ricordiamoci quale era la condizione della stragrande maggioranza dei comuni italiani fino agli inizi degli anni Novanta: fragilità degli esecutivi (a parte le regioni rosse, dove le maggioranze erano incrollabili), giunte che cambiavano più volte colore nel corso della medesima legislatura, sindaci impotenti e conseguente debolezza dell’azione amministrativa, frequenti gestioni commissariali. Per fare un esempio, il comune di Roma dal 1980 al 1993, anno della prima elezione diretta (Francesco Rutelli) fu amministrata da cinque sindaci diversi e tre commissari.

Otto persone in poco tempo. Dal 1993 al 2001 ebbe sempre Rutelli come sindaco. Stesso si poteva affermare per molte regioni, con presidenti che mutavano con frequenza, anche di appartenenza politica, nello stesso mandato. Poca stabilità e poca rispondenza tra il volere degli elettori e i governanti. Lo stesso scenario in sostanza che si osserva a livello nazionale, in misura maggiore negli ultimi anni. Dal 2010 a oggi sono cambiati otto governi, e nessuno (a parte Berlusconi fino al 2011) era direttamente espresso dalla volontà del corpo elettorale. Un vulnus democratico ma anche un vulnus operativo, perché l’instabilità non permette a nessun presidente del consiglio di mettere in campo strategie e politiche di respiro se non ampio, per lo meno medio. Di qui, da questo confronto, qualche lezione sarà forse il caso di trarre anche per il futuro. Anche solo come base per una discussioe che faccia finalmente fare all’Italia il salto nel futuro che da tanto attende.