Prove di terzo polo. Calenda verso il patto con Renzi: "I seggi? Prima il programma"

Dopo il divorzio dal Pd e da +Europa, Azione ha una priorità: 30mila firme per presentare la lista. Il leader di Italia Viva: "Non fare l’accordo sarebbe un errore. Il mio candidato premier è Draghi"

Matteo Renzi e Carlo Calenda (Ansa)

Matteo Renzi e Carlo Calenda (Ansa)

Il tempo stringe. Se è scritto nel destino che Carlo Calenda e Matteo Renzi correranno come alleati, lo sapremo a breve. Secondo fonti ben informate, i due leader centristi si vedranno presto, forse già oggi, per verificare se vi sono le condizioni per una lista unica. Nel Pd, che ha il dente avvelenato per il divorzio, questo esito lo danno per scontato. "Calenda – dice il governatore della Toscana, Eugenio Giani – ora è nelle mani di Renzi. Deve raccogliere in due giorni le firme, cosa impossibile, e quindi si deve rimettere a Renzi". Il leader di Italia Viva è apertamente disponibile: "Non fare un accordo sarebbe un errore – ha detto in serata a Zona Bianca – Il mio candidato premier è Draghi". Calenda è più cauto e per ora svicola. Al Tg1 che gli chiede se cercherà l’accordo con Renzi, il leader di Azione replica: "Noi stiamo raccogliendo le firme e faremo una campagna solamente sulle cose da fare. Del resto mi interessa poco". Ma i contatti ci sono.

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Nel frattempo, Calenda ha un problema reale. Il divorzio anche da Più Europa l’ha reso orfano del simbolo e ora, per presentare quello di Azione alle elezioni di settembre, deve trovare 36mila e 750 firme per i collegi della Camera e 19.500 per il Senato (anche se lui insiste: "Sulle firme abbiamo verificato una esenzione. Io sono stato eletto al Parlamento Ue". I tempi sono stretti: tra il 12 e il 14 agosto, le forze politiche dovranno formalizzare le coalizioni. Per le firme c’è tempo fino al 21-22 agosto. Domenica Calenda ha sentito in chat i segretari provinciali per avviare da domani la raccolta.

Intanto Calenda replica punto per punto a quanti – da Pd a +Europa ai verdi – ripetono che sapeva benissimo che l’alleanza sarebbe stata basata su due accordi distinti che avrebbero compreso anche Fratoianni e Bonelli. "Il Pd prima ha fatto un patto con noi – ribatte Calenda – e poi ha fatto un patto con contenuti contrari con chi ha votato 55 volte contro la fiducia a Draghi, con chi in fondo è comunista. Ora io ho detto a Letta, “se firmi il patto la gente non capirà più niente, diventa un’accozzaglia“. Letta sapeva benissimo che avremmo rotto".

Il leader di Azione, come è nel suo stile, ne ha per tutti. "Io mi sono stancato – dice Calenda in un video sui social – non faccio politica per andare appresso a quello che sembra “Il giorno della marmotta“. E dunque, via – annuncia – si costruisce un grande partito della nazione". Se da soli o con Renzi e Pizzarotti, si vedrà. Anche ieri Calenda è stato oggetto di attacchi durissimi, non ultimo quello di Angelo Bonelli che lo accusa di fascismo per la militarizzazione dei siti per le opere pubbliche. "Ecchela là (in romanesco: ecco fatto). Sono diventato fascista. Contavo i minuti" replica Calenda, al quale la battuta non fa difetto. Come la consapevolezza che questo è solo l’inizio.