Giovedì 18 Aprile 2024

Elezioni, la battaglia social dietro le linee. Così i partiti guadagnano visibilità

Fratelli d'Italia la formazione che mostra un'attività maggiore di bot. Il caso dell'hashtag #Credo di Salvini e le mosse del Pd

La guerra dei Bot

La guerra dei Bot

Roma, 17 agosto 2022 - Fratelli di bot. A sgobbare per mandare avanti la prima campagna elettorale nazionale in piena estate non sono solo spin doctor ed esperti di comunicazione. Dietro le linee, a fare legna, ci sono i software automatizzati che, senza versare mezza goccia di sudore, possono far guadagnare visibilità (e quindi voti) a un certo candidato o a uno specifico tema politico. E il partito di Giorgia Meloni, stando alla nostra analisi, è quello che ha il più ampio supporto tra gli Hal 9000 dei social.

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Tra il 5 e il 15 agosto il 32,4% degli hashtag utilizzati su Twitter dall’account ufficiale di FdI e da quello della sua leader, infatti, ha mostrato una maggiore attività di bot rispetto a quelli postati dagli sfidanti. Tradotto dall’informatichese vuol dire che quando Fratelli d’Italia o la sua presidente hanno cinguettato frasi che contenevano #VotaFDI o #BastaSbarchi (tra gli hashtag più sfruttati dalla loro campagna elettorale), questi messaggi sono stati rilanciati o commentati da molti più bot rispetto a quelli di altri partiti.

Il risultato? I post guadagnano visibilità e sono premiati dall’algoritmo di Twitter, che finisce per proporli a sempre più utenti. Si tratta di un potentissimo megafono virtuale, che può essere utilizzato per rovesciare le gerarchie. Un esempio? ItalExit nei sondaggi è dato tra il 2 e il 3%. I messaggi del leader Gianluigi Paragone, tuttavia, hanno più bot al lavoro nel 28,9% dei casi. Questo significa che l’eco dei suoi post, rispetto agli altri leader, è molto spesso più robotica che umana. I suoi cinguettii in questo modo possono raggiungere una platea di utenti più numerosa di quella che toccherebbero se contassero solo le interazioni reali.

A rendere possibile questo tipo di confronti è BotAmp, un software sviluppato dall’Osservatorio sui social media dell’Università dell’Indiana, che studia il fenomeno dei bot dal 2010. Il margine di errore è appena il 5%. Per undici giorni abbiamo controllato i profili dei leader e dei loro partiti e abbiamo messo a confronto per oltre 980 volte gli hashtag utilizzati. E così dietro a FdI, Lega e ItalExit, in quarta posizione si è piazzata Forza Italia con il 25,4%. Il Pd si è fermato al 12,2%, ma con un incremento stabile e sensibile: il 15 agosto gli hashtag utilizzati dal Partito democratico hanno mostrato una maggiore interazione dei bot, rispetto a quelli degli altri partiti, nel 38,9% dei casi. Il Movimento 5 stelle, che è al 5,3%, è stata la formazione a utilizzare meno hashtag in assoluto. Nel periodo osservato ha usato queste etichette solo due volte. Azione è arrivata al 5,2%, mentre Italia Viva chiude la classifica al 3.2%.

“Un’intensa attività dei bot – spiega Filippo Menczer, direttore dell’Osservatorio sui social media dell’Università dell’Indiana - può suggerire che il partito stia creando l’apparenza di un supporto che in realtà non c’è. Tutti noi siamo influenzabili: è dimostrato che tendiamo a mettere più ‘Mi piace’ o a diffondere maggiormente i messaggi che riteniamo siano condivisi da molte persone. Il meccanismo cognitivo alla base è semplice quanto potente: ‘Se tante persone lo stanno guardando, sarà interessante’. Ma il rischio è quello di essere manipolati”.

Un caso molto interessante è quello di #Credo, l’hashtag utilizzato da Matteo Salvini e dalla Lega per imprimere una svolta alla volata elettorale. Il nuovo slogan è stato lanciato il 12 agosto alle 22, dopo una lunga e misteriosa campagna in tutta Italia che doveva alimentare la curiosità. A una ventina di minuti dalla presentazione ufficiale, la presenza di bot attivi su #Credo era decisamente superiore rispetto a quella registrata per #25settembrevotoLega. Nei giorni successivi la situazione si è invertita. Studiare queste etichette a volte dà la possibilità di intravvedere il futuro: Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno usato entrambi l’hashtag #TerzoPolo proprio il giorno prima di stringere formalmente l’alleanza tra Azione e Italia Viva.

I costi dei bot e quelli delle campagne social

“Con qualche centinaio di dollari si possono comprare moltissimi account fasulli e con poche migliaia di euro si può organizzare una campagna. Si può optare anche per operazioni più sofisticate, con profili curati per mesi e che sembrano davvero appartenere a persone reali. Il problema è quello dell’attribuzione. È davvero molto difficile – fa notare Menczer – collegare con certezza un partito a un’attività di bot. Sono accordi che non vengono pubblicizzati e chiunque potrebbe comprare questi software per le più disparate ragioni”.

Una campagna alla luce del sole sui social, invece, costa una fortuna. Donald Trump e Joe Biden nel 2020, secondo gli esperti di comunicazione di Ad Age, hanno investito oltre 85 milioni di dollari a testa solo su Facebook. Anche dimostrare che ci siano potenze straniere a spingere coi loro bot determinati account o partiti è complicato. “I social molto spesso quando fanno operazioni di pulizia per bloccare eventuali ingerenze straniere vengono aiutati dalle agenzie governative, come Cia o Fbi. Ovviamente hanno metodi di rilevazione che noi ricercatori non abbiamo a disposizione”. Ma la certezza è che al bot, qualunque lingua parli, difficilmente si secca la bocca.