Politiche 2022, Panarari: "Una campagna elettorale per pochi"

Il sociologo della comunicazione: "Contano più i leader dei programmi. Gli slogan brevi e assertivi o esortativi

Il sociologo della comunicazione Massimo Panarari

Il sociologo della comunicazione Massimo Panarari

“Sia chiaro: ancora questa campagna elettorale non è seguita con ardore. E chissà se lo sarà. Vuoi per disaffezione alla politica, vuoi per il periodo, diciamo così, particolare. L'estate è il momento dello stacco. E poi, non dimentichiamolo, ci aspetta un settembre non facilissimo...".

Massimiliano Panarari, classe 1971, insegna Sociologia della comunicazione all'università Mercatorum di Roma.

Professore, molti slogan, molte promesse, poche concretezze?

“Siamo in piena campagna elettorale. E' normale che ci siano gli slogan. Anche roboanti. Molte promesse, non tutte nuove, non tutte realizzabili. Ma"”.

Come giudica gli slogan di queste elezioni?

"In parte come qualcosa di già visto, in parte come una tendenza che prende spunto da contesti internazionali. E c'è anche qualcosa di nuovo. Meglio di 'nuovista'. Le parole sono pochissime, e non certo particolarmente brillanti. Il che denota un mancato lavoro di preparazione. Per motivi, sia chiaro, anche oggettivi. Tutta la situazione politica è precipitata all'improvviso. Il tempo è poco e corre forte. Le modalità comunicative impongono certe regole. Quindi ecco la comparsa di slogan poveri ma assertivi o esortativi, come avviene in tempi di predominanza dei social”.

Flat tax, Ponte sullo Stretto, costi, posti di lavoro e via dicendo. Niente di nuovo sotto il sole...

"Nessun dubbio. Anche perché le forze politiche che ripetono questi proponimenti hanno governato, anche tutte insieme, in questi anni. La gente, legittimamente, potrebbe chiedersi perché non l'hanno fatto prima, diciamo così. Ma anche qui entra in gioco un dato oggettivo: e cioè che giocoforza la campagna elettorale impone certi ritmi. Ripeto: parole secche che però, spesso, non sono garanzia di qualità".

Su TikTok arrivano anche Berlusconi e Renzi

Sguardi e posture studiati?

(sorride) "Studiati non bene, per certi versi non impostati o impostati male. Il che porta a gaffe o inciampi tragicomici. C'è poi molta improvvisazione, oppure per contro una spontaneità che spesso è più efficace".

La Lega "crede" e la Chiesa non gradisce...

"La Lega gioca in una dimensione mistica. Presenta il suo leader come sorta di uomo della Provvidenza. E richiama a un istinto religioso generale. Ovvio, la Chiesa non apprezza. Però va detto che più che al cattolicesimo, secondo me, l'ex Carroccio ora a dimensione nazional-sovranista, svolge la sua azione propagandistica più su un tema a metà fra trono e altare (da ortodossia in stile Paesi ex Gruppo di Visegrad) che su una dimensione propriamente religiosa. Una sorta di carisma cesaristico, insomma".

La polarizzazione tra fascismo e antifascismo è la strategia del Pd di Letta: funziona?

"Sì e no. Sì per chi è già convinto, rafforza un sentimento politico molto identitario. No per gli altri, essendo il nostro un Paese a scarsa se non nulla memoria condivisa".

E i leader?

"Sono centrali e percepiti come tali. L'elettore fa fatica a seguire i programmi, ammesso che ve ne siano di veramente tali. La maggioranza, in un Paese come il nostro in passato a forte passione politica, è quella che si asterrà. Quindi i leader, con loro più o meno pronunciato carisma, saranno decisivi. Ecco il punto centrale: è la percezione quella che conta".