Mercoledì 24 Aprile 2024

Crisi Pd, in Lombardia irrompono gli 'autoconvocati': obiettivo le Regionali 2023

Il gruppo, che fa capo all'assessore milanese Pierfranceso Maran, punta a scegliere il candidato con le primarie rompendo le logiche di segreteria

Pierfrancesco Maran

Pierfrancesco Maran

Milano - Gli strascichi delle elezioni Politiche e l’imminenza delle elezioni Regionali hanno fatto sì che sul Pd lombardo si abbattesse la classica tempesta perfetta. All’indomani della chiusura delle urne, le segreterie locali dei Dem si sono ritrovate a fare i conti con un inedito movimento di protesta interno, quello degli autoconvocati, e con il ritorno di un dilemma che si sperava potesse essere archiviato proprio il 25 settembre: quali alleanze, quale coalizione?

Due problemi nati con le Politiche ed ora amplificati dalla vicinanza della prossima scadenza elettorale: quella per la conquista della Regione Lombardia, una sfida in programma per il primo semestre del 2023 e proibitiva se si considera che il centrodestra la vince ininterrottamente dal 1994. Aspetto paradossale: i guai sono tutti interni al Pd, le possibili soluzioni no, dipendono (anche) dal Terzo PoloA dar vita al movimento degli autoconvocati del Pd è stato Pierfrancesco Maran, assessore comunale milanese. Il movente è stata la sua esclusione dalle lista per le Politiche, un’esclusione che ha destato sorpresa perché proprio Maran, alle elezioni Comunali del 2021, è stato il candidato più votato in Italia grazie alle 9.166 preferenze riscosse a Milano.  A rendere possibile la metamorfosi dell’assessore – da campione di preferenze  a leader dei dissidenti  – sono  stati, come ovvio, l’esito negativo delle elezioni Politiche e la decisione di Enrico Letta di aprire la fase congressuale. Ma anche l’immediatezza delle Regionali, che di fatto danno a Maran e agli autoconvocati la possibilità di tradurre subito in una richiesta concreta la sempiterna e generica aspirazione ad un partito che decida dal basso e che valorizzi il merito e i territori.

Il riferimento è alla richiesta di scegliere il candidato governatore 2023 attraverso primarie all’americana, una richiesta scandita a gran voce sabato scorso a Milano durante la prima uscita pubblica degli autoconvocati, non a caso intitolata: 'Ricominciamo da capo'. Evidente, allora, che le Regionali diventano per i dissidenti un’occasione unica per provare a scalfire il potere e le logiche delle segreterie, anche godendo di una visibilità, se non di un potere negoziale, che in assenza di nuovi ed immediati appuntamenti elettorali non avrebbero avuto. Senza le Regionali non ci sarebbe nemmeno stato il campo sul quale organizzare una battaglia più ampia, quella interna al partito proprio in un momento in cui bisogna sceglierne i nuovi quadri. La prospettiva sarebbe stata, invece, quella di affogare nel mare di indifferenza del congresso nazionale, tutto a guida romana.

Maran, supportato tra gli altri da Giuliano Pisapia, ex sindaco di Milano ed oggi europarlamentare del Pd, lavora per primarie di coalizione e ha anche un’idea precisa del perimetro della coalizione: dentro Terzo Polo, Verdi e Sinistra, fuori il Movimento 5 Stelle, a meno che non cada il veto posto su di essi dai terzopolisti. Uno schema facile da disegnare sulla carta, ma decisamente più impegnativo da tradurre in realtà. E per un motivo semplice: Azione e Italia Viva sono pronte a venire incontro al Pd sul candidato, sono pronte ad accantonare l’idea di una candidata governatrice come Letizia Moratti, troppo connotata a destra, e a convergere su Carlo Cottarelli. Ma non sono affatto disposte a concedere ai Dem le primarie perché non avrebbero i  numeri per imporsi in una competizione aperta, perché il risultato non sarebbe scontato (nessuno nel centrosinistra milanese pensava che le primarie del 2011 sarebbero state vinte proprio da Pisapia) e perché, in buona sostanza, si dovrebbe scendere a compromessi con l’ala più sinistra del Pd, a scapito di quell’elettorato moderato e centristra che il Terzo Polo aspira a rappresentare.

Azione e Italia Viva preferiscono, quindi, che la partita delle Regionali si giochi esattamente con le regole d’ingaggio contestate da Maran e dagli autoconvocati: gli accordi tra segreterie di partito. Ecco, allora, il ritorno, per iscritti e militanti del Pd, del dilemma delle alleanze: andare col Terzo Polo anche incassando la rinuncia alle primarie oppure rispolverare l’asse col Movimento 5 Stelle, come chiedono alcuni consiglieri regionali Democratici  alla luce delle lotte condivise con i pentastellati in questi anni in Regione? Ad oggi sembra che solo un altro rifiuto del Terzo Polo possa aiutare i Dem ad uscire dall’ennesimo conflitto di coscienza e decidere. Riedizione di un film appena visto.