La campagna europea anti-Meloni: mesi di attacchi e condizionamenti

Tutti gli sgambetti alla leader FdI, dallo spettro di misure correttive di von der Leyen alle parole di Bernard-Henri Lévy

Giorgia Meloni, sullo sfondo la bandiera Ue (Imagoeconomica)

Giorgia Meloni, sullo sfondo la bandiera Ue (Imagoeconomica)

Roma, 8 ottobre 2022 - Il Pd ha basato la sua campagna elettorale sulla ’demonizzazione’ dell’avversaria Giorgia Meloni senza che questo, come si è visto, abbia poi pagato nelle urne. E per rendere ancora più solida questa demonizzazione, ha cercato all’estero quell’appoggio che - con tutta evidenza - non riusciva a trovare nell’elettorato italiano. Ne sono nati tutta una serie di episodi qualificabili come intromissioni e ingerenze negli affari interni del nostro Paese, in appoggio alla coalizione progressista, che si sono inanellati nel tempo e tra i quali è impossibile non citare, in prima battuta la presa di posizione della Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Che, a due giorni dal voto, ha minacciato di avere "gli strumenti" adeguati per sanzionare l’Italia, qualora non si fosse arrivati al risultato sperato.

"Il sovranismo ci fa fare un salto indietro di trent’anni - ha commentato - non offre soluzioni, ma illusioni". E "non importa quel che dicono adesso, i sovranisti sono sempre contro l’Europa". E ancora: la preoccupazione del cancelliere tedesco Olaf Scholz, che a Enrico Letta, a quattr’occhi, esterna il timore che un’Italia a trazione sovranista possa scivolare verso l’asse Ungheria-Polonia, i cui rapporti con Berlino in questa fase sono assai faticosi. E il presidente Spd, Lars Klingbeil, che in conferenza stampa, accanto al leader Pd, non solo sposa il progetto dei dem italiani, cosa tutto sommato scontata, ma definisce in chiaro il partito di Meloni " postfaschistischen ". Postfascista.

All’indomani della visita di Letta in Germania. poi, Giorgia Meloni viene definita come "la donna più pericolosa d’Europa" che vuole trasformare il Paese in uno "Stato autoritario". A dirlo – anzi, a scriverlo – è il settimanale Stern, che definisce la leader di FdI "veleno biondo" avvertendo il rischio di una sua vittoria alle elezioni "con l’aiuto di Putin". Sempre secondo il settimanale tedesco, il successo della leader di FdI porterebbe l’Italia verso "conseguenze estreme".

Pochi giorni dopo è stata la volta del vicepresidente della Commissione europea, Frans Timmermans. che ad urne calde ha attaccato il centrodestra: "La sua agenda sociale e morale mette paura", ha detto. "Io ho ancora una enorme fiducia nella democrazia italiana e nelle sue istituzioni, ma ho invece paura dell’agenda sociale e morale della destra. Basti pensare a quel che dicono sulle donne. Vedo che la destra radicale vuole riaprire il dibattito sul diritto all’aborto. Stesso discorso sulle unioni gay. Questa agenda morale e sociale ci farebbe tornare indietro di almeno trent’anni".

E la Francia? All’inizio è stato il filosofo francese Bernard-Henri Lévy a parlare di una "vittoria della destra in Italia come una cosa molto triste, in quel caso la volontà popolare non va rispettata", ma tutta la Francia si è detta subito preoccupata. "Saremo attenti – aveva già commentato la primo ministro francese Elisabeth Born – a garantire che questi valori sui diritti umani, sul rispetto reciproco, in particolare sul rispetto del diritto all’aborto, siano rispettati da tutti". Stesse presoccupazioni anche da El Pais e dall’ingrese The Guardian ("la vittoria di Meloni avrebbe conseguenze economiche e sociali terribili"), ma anche alla Casa Bianca hanno alzato il sopracciglio con sospetto dopo il risultato elettorale: "Dovremo prendere subito le misure di quella persona", ha stigmatizzato un alto funzionario Usa.