Meloni al bivio. Forte come leader ma in Parlamento sarà una guerriglia

Asse con Salvini e scacco a Berlusconi: analisi sul centrodestra. Se Ronzulli sarà capogruppo al Senato le tensioni saliranno

La presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, 45 anni, durante l’assemblea degli ele

La presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, 45 anni, durante l’assemblea degli ele

Roma, 16 ottobre 2022 - Ha ragione il politologo Alessandro Campi quando osserva che il "non sono ricattabile" di Giorgia Meloni è la versione aggiornata del "che fai, mi cacci?" di Gianfranco Fini, ma con altro esito. La leader di Fratelli d’Italia non solo riuscirà a formare il suo governo, ma verrà ricordata come colei che ha messo all’angolo Silvio Berlusconi.

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Certo, condizioni e percentuali, età e contesto sono tutti a favore della Meloni e a svantaggio del Cavaliere, ma tant’è: i cambi di leadership passano anche e soprattutto attraverso il fuoco degli scontri. L’interrogativo-chiave, a questo punto, non riguarda più né il ruolo futuro di Berlusconi né la trattativa per la costruzione del nuovo esecutivo, ma i rischi e le mine che possono accompagnare la navigazione di un governo che nasce fragile nel consenso parlamentare e che si lascia dietro una lunga scia di veleni e rancori.

Sappiamo che senza i voti di Forza Italia in Parlamento non c’è una maggioranza a sostegno del governo Meloni, ma sappiamo anche che i consensi non mancheranno nella fiducia di avvio del nuovo esecutivo. Epperò, è del tutto evidente che una eventuale e probabile elezione di Licia Ronzulli come capogruppo a Palazzo Madama comporterà l’inizio di una guerriglia parlamentare logorante. Fino a che punto, è difficile dire oggi. Ma governare per mediazioni estenuanti, scontri e rattoppi, in una fase drammatica per il Paese e in un quadro di numeri traballanti, con le piazze ad alta tensione, non è la migliore delle prospettive possibili. Tant’è che, sotto questo profilo, la scelta soprattutto del Presidente della Camera potrebbe non essere stata una buona mossa.

È altrettanto vero, però, che con la scelta del leghista Lorenzo Fontana e con la "generosità" promessa alla Lega sui ministeri, la Meloni ha stabilito un asse di ferro con Matteo Salvini, allontanandolo proprio dalla corrente "salviniana" di Forza Italia, capeggiata dalla Ronzulli. Un punto significativo a suo favore: il capo del Carroccio, da competitor incontrollabile potrà diventare il migliore alleato.

Giocano ugualmente a favore della premier in pectore almeno altri tre fattori. Il primo, decisivo, è che i parlamentari "azzurri" disposti a seguire una possibile linea oltranzista sono meno della metà già oggi e si ridurrebbero a un terzo o anche meno nell’ipotesi di un vero strappo. Un conto è la lealtà a Berlusconi, che si è consumata al Senato con il non voto a La Russa, un altro è morire per Licia: quanti sono pronti a farlo? Tanto più che da Fedele Confalonieri a Gianni Letta, ai figli del Cavaliere, sono tutti dalla parte di un’alleanza stabile con Giorgia.

In secondo luogo, come si è visto a Palazzo Madama, ci sono almeno 20 voti extra maggioranza sui quali in emergenza la leader di Fratelli d’Italia può contare: un numero al quale di solito si arriva a metà o fine legislatura, mentre lei li ha fin da ora.

Ultimo, ma non ultimo, con tre o quattro opposizioni l’una contro l’altra armata è chiaro che non ci sono alternative a una maggioranza che abbia come perno Fratelli d’Italia, anche nell’ipotesi remota di un distacco di tutti gli "azzurri". Certo, ci sarebbe il voto anticipato, ma c’è forse qualcuno oggi in Parlamento che nel suo intimo davvero non vive con terrore una soluzione di questa natura? Nessuno. Neanche Enrico Letta o Giuseppe Conte. O Licia Ronzulli.