Meloni in pressing: "Accordo sul premier o inutile stare insieme". Tajani: prima vinciamo

La leader di Fratelli d’Italia rilancia il tema della guida del governo: "C’è sempre stato un nome, è una regola che ha sempre funzionato". Gelo degli alleati. Salvini: parliamo di programmi. Domani il summit

Giorgia Meloni, 45 anni (Ansa)

Giorgia Meloni, 45 anni (Ansa)

Il perentorio affondo di Giorgia Meloni scompiglia la narrazione del centrodestra fervidamente unito per l’ariosa riconquista del Paese. A meno di 48 ore dal vertice con Matteo Salvini e Silvio Berlusconi previsto domani, la presidente di Fratelli d’Italia sceglie i microfoni del Tg5 (l’ammiraglia d’area) per spedire un preavviso di implosione a Forza Italia, Lega e cespugli cattoconservatori. Il nodo della premiership nel centrodestra va subito affrontato e risolto. Perché, é il messaggio politico, "se non dovessimo riuscire a metterci d’accordo, non avrebbe senso andare al governo insieme".

La leader dei conservatori europei teme di restare stritolata da rinvii e opportunismi. Teme, in cuor proprio (ed è il non detto dell’intervista), che gli alleati vogliano succhiarle i voti e poi mettersi di traverso, con un lavoro di sfiancamento pronto a trovare appoggi o appigli sia in Italia sia negli ambienti internazionali (già preallertati dal centrosinistra sui rischi di una svolta così pronunciata). Per questo chiede chiarezza. E confida "che si vorranno confermare, anche per ragioni di tempo, regole che nel centrodestra hanno sempre funzionato, che noi abbiamo sempre rispettato e che non si capisce per quale ragione dovrebbero cambiare oggi". Ovvero: la candidatura a premier del leader con più voti.

La reazione degli alleati di maggior peso si srotola su un doppio binario che certifica delusione e imbarazzo. "Lasciamo a sinistra divisioni e litigi", risponde Matteo Salvini. Per il segretario del Carroccio, "chi avrà un voto in più avrà l’onore e l’onere di indicare il premier", ma poi sposta subito l’asse: "Per quanto ci riguarda, siamo pronti a ragionare con gli alleati sul programma di governo partendo da tasse, lavoro, immigrazione e ambiente". E se è certamente vero che la legge elettorale non prevede l’indicazione del candidato alla presidenza del Consiglio nel momento in cui si presentano le liste, è altrettanto evidente che Fd’I intenda cristallizzare il meccanismo stabilito nella precedente tornata elettorale quando il centrodestra si recò da Mattarella a chiedere il conferimento dell’incarico a Salvini. Il leader leghista si proclama di nuovo pronto, come dice ai suoi, a riconquistare in volata la leadership di area. Una guasconata a vedere gli ultimi sondaggi che danno la Lega al 13,4%, Fratelli d’Italia al 23,8%, e Forza Italia all’8,3%.

Proprio Forza Italia spegne i bollori del giorno. Antonio Tajani, numero due degli azzurri ed ex presidente del Parlamento europeo, invita l’alleata a non drammatizzare, a non alzare troppo i toni. C’è un summit fra i tre leader già convocato per domani e lì forse maturerà la svolta: "Berlusconi, Salvini e Meloni si incontreranno e si metteranno d’accordo decidendo le regole", è il pronostico di Tajani. E la risposta del numero due azzurro di certo non rassicura l’aspirante guida del centrodestra, perché, se l’accordo va trovato, significa che ancora non c’è. Più che Berlusconi, Meloni teme proprio Tajani. "A me interessa che il centrodestra vinca, poi penseremo a chi alza la coppa. Perché se non si vince, la coppa non la alza nessuno", osserva l’ex presidente del Parlamento europeo, con relazioni strettissime a Bruxelles e nel potente universo del Ppe. Un potenziale candidato alternativo. L’interessato nega: "Sono solo un soldato".

Nessuno accredita al momento uno strappo di Fratelli d’Italia, una polarizzazione d’area per affrontare le urne in solitaria. Sarebbe un terremoto. Eppure, nella sua intervista al Tg5, il Meloni-pensiero regala indizi evidenti. "Fratelli d’Italia e il Pd sono i due principali partiti che si confronteranno in queste elezioni in un sistema che potrebbe tornare bipolare – racconta la presidente di Fd’I –. Considero questa una buona notizia perché nel bipolarismo si confrontano identità: centrodestra contro centrosinistra, progressisti contro conservatori. Questo è lo scontro e gli italiani sceglieranno da che parte stare". E chi sostenere.

È la stessa domanda posta da Meloni alla coalizione. Gli altri soci fondatori rivendicano visibilità e distinguo. E il lavoro congiunto su liste e collegi si annuncia sfibrante. Forse troppo. "I sondaggi dicono che Fd’I vale il 50% della coalizione. Poi ci possono essere degli aggiustamenti ma occorre partire da qui. Mi aspetto che gli alleati comprendano questa fase storica", avvisa Francesco Lollobrigida, per conto della leader in cerca di investitura.