Delusione Pd, è già l'ora della resa dei conti: i nomi per il dopo Letta

Il segretario non parla, il partito è spaccato tra 'riformisti' e 'sinistra' divisi su quasi tutto. A partire dal rapporto con i redivivi Cinque stelle

Enrico Letta esce dal seggio dopo aver votato

Enrico Letta esce dal seggio dopo aver votato

Roma - "Non possiamo non attribuire la vittoria alla destra”, dice, esausta, all’una di notte, la democrat Debora Serracchiani, ai giornalisti. La doppia negazione è per evitare un’affermazione banale: loro hanno vinto, noi abbiamo perso. Ma peggiore della tristezza, come sentimento, c’è la sicumera.

Nella “notte più buia” della vita e dei risultati del Pd dell’intero secondo Dopoguerra (escluso, ma quasi raggiunto, il 18,7% preso nel 2018 da Renzi), parlano in due. Uomo/donna. La Serracchiani e il responsabile Enti Locali del Pd, Francesco Boccia, seduto negli studi di Vespa. La prima è triste, mesta, e si vede, se lo dice da sola. Il secondo è ilare, giulivo, facondo. Stare in tv gli piace. Lei, invece di riconoscere la batosta elettorale evidente, attacca il risultato “pessimo” della Lega, quello “modesto” del Terzo Polo. Etc. Boccia, invece, sorride e irride, dagli studi della tv, gli avversari, fa l’opinion maker, assicura che dal Sud – dove il Pd, secondo i flussi, è ridotto al 12-14% e al ruolo di terzo partito dopo M5s e FdI – “partirà la riscossa”.

Approfondisci:

Elezioni, la conferenza stampa di Letta e del Pd dopo il voto

Elezioni, la conferenza stampa di Letta e del Pd dopo il voto

Di Maio fuori dal Parlamento: non eletto nel collegio uninominale di Napoli

Enrico Letta, invece, tace. Il segretario è arrivato alla chetichella tardissimo, si è chiuso in ufficio con i (pochi) fedelissimi, tra cui Marco Meloni, il suo capo segreteria. Al terzo piano c’è la terrazza con una vista mozzafiato su Roma ma è buia: è notte, una cupa, triste, notte romana. Lì, 300 giornalisti di tutto il mondo attendono inutilmente che arrivi il segretario, ma vengono lasciati a bocca asciutta, poveretti. Dopo aver votato, nel suo quartiere, a Testaccio, con la moglie, l’ex professore di Sciences Po’ a Parigi (la battuta più ovvia, tra i dirigenti dem è: “aiutiamolo a farvi presto ritorno”), è andato a messa. La benedizione non è servita. Il clima e l’umore è: mesto. Gli exit poll girano di WA in WA e sono pessimi. Per giorni il Pd – e lui stesso – hanno ‘creduto’ nella rimonta e avevano pure fissato la ‘linea del Piave’, il 20%, anche se, solo un mese fa il Pd puntava a fare, da solo, il 30%, invece è arrivata la rotta di Caporetto: 18.7% per Rai-Opinio, 19.3% per SWG, male pure gli altri.

La coalizione è messa un pochino meglio: 26,5% per Rai-Opinio, solo 25,5% per SWG (al Senato), mentre alla Camera RAI-Opinio dice: 26,8% come coalizione (e Pd al 18.8/19%), ma grazie allo ‘scatto di reni’ di Verdi-SI, stabili al 3,6%. +Europa balla sul filo del 3,0%, Impegno civico sta sotto un’imbarazzante 1%, abbondantemente. Per quanto riguarda i seggi, il Pd avrebbe 32-44 seggi al Senato e 75-85 alla Camera. Pochissimi. Al Senato, il Pd vince in tre collegi uninominali, tra Bologna e Firenze, su 74. Tre pallini ‘rossi’ in un mare di blu e qualche macchiolina di giallo. Inoltre, i 5Stelle sono lì a un passo (16%). E già c’è metà del partito che non vede l’ora di poterli riabbracciare (la sinistra: Orlando, Provenzano, Cuperlo, l’ideologo Bettini). A Letta rimprovera di non averci fatto l’alleanza che poteva salvarli. L’altra metà li detesta (Guerini e Lotti, Orfini) e non li vuole vedere mai più, neppure dipinti.

Letta sta nel mezzo, ma è un asino di Buridano. Dare calci al leader in carica, “bastonare il cane che affoga”, diceva Mao, è sport tipico, nel Pd. Solo pochi giorni fa, mentre Letta chiedeva “unità e compattezza”, Stefano Bonaccini ha lanciato, a Rimini, un’iniziativa senza simboli del Pd, solo col ‘tricolore’, con molti sindaci (Nardella, Gori, Gnassi, Decaro), autocandidato, di fatto, al post-Letta. Lui, certo, vorrebbe resistere, ma oltre a Bonaccini, che ha l’appoggio di Base riformista (gli ex renziani), molti sindaci, una rete locale già organizzata, si vuole buttare nella mischia pure Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, con la sua rete. A sinistra, poi, hanno capito che è meglio evitare, contro il ‘cavallo di razza’ Bonaccini, di lanciare candidature deboli, stile quella di Provenzano. L’alternativa è l’astro nascente della sinistra ‘radical’, engagé, dei diritti 4.0: Elly Schlein. Metterebbe insieme tutti, a sinistra, e avrebbe pure la benedizione di Letta. Il quale, nella notte, resta da solo con Meloni. Già nel 2015 Renzi gli fece il vuoto. Letta è di nuovo solo, nel suo Pd.