Elezioni, una lettera al giorno: C come confronto tv

In Italia l'ipotesi di un dibattito tv tra i due candidati in lizza per la premiership ha scatenato la reazione dell’Agcom

Giorgia Meloni ed Enrico Letta (Ansa)

Giorgia Meloni ed Enrico Letta (Ansa)

In tutti i Paesi democratici, a partire dagli Stati Uniti, le campagne elettorali, anche le più spinose come appunto può essere quella per la presidenza Usa, si concludono con un dibattito tv tra i due candidati in lizza per la premiership. Da noi è un’altra cosa. In un Paese dove le regole bizantine la fanno da padrone, anche il solo prospettare la possibilità di un dibattito tra i due principali leader delle coalizioni in lizza per il governo provoca la reazione dell’Agcom. Che, immediatamente, cassa, rimanda, butta la palla in tribuna. E’ successo anche questa volta, dopo che Bruno Vespa, per Porta a Porta, aveva ipotizzato un ‘duello’ finale tra Enrico letta e Giorgia Meloni per il 23 di settembre. Niente, non si può fare. O, almeno, non si può fare un ‘unico’ duello a due giorni dal voto: determinerebbe "un indebito vantaggio elettorale" per i due leader di partito, sostiene il verdetto Agcom, deliberato a maggioranza. Il primo ad esultare è stato Carlo Calenda che aveva sollevato il problema: "Abbiamo avuto ragione. Ora si organizzi un confronto vero e serio". Anche Giuseppe Conte si è sfregato le mani: "Il confronto a lume di candela su cui si erano accordati Letta e Meloni non rispetta il diritto dei cittadini a essere informati. Non sono le uniche alternative per l’Italia. Lo avevamo detto". Ma il Pd, attraverso una nota di Antonio Nicita, candidato al Senato e già commissario Agcom, ha precisato: "L’Agcom non vieta confronti a due, ma format che prevedano un unico dibattito e le relative comunicazioni". La soluzione "compatibile con la delibera di Agcom", sostiene l’esponente dem, potrebbe essere "un format" che preveda "più confronti tra due o più leader e una connessa unica comunicazione". Insomma, l’ultima parola non è ancora detta, ma ci si chiede; un ‘format’ a più voci, con i leader che si accapigliano tra di loro, che si danno sulla voce e finisce tutto in un miserabile pollaio di urla sopra le righe, a chi giova? E, soprattutto, chi lo vede?

Ecco, ormai il cittadino elettore non è più il punto di riferimento nemmeno del famigerato Auditel, il pensiero prioritario è mettere tutti i contendenti sullo stesso piano soprattutto per evitare ricorsi. E lo hanno detto, con molto candore, proprio i commissari dell’Agcom. La legge elettorale "prevede — scrivono — un sistema misto, maggioritario e proporzionale, che consente a ogni lista di presentarsi in coalizione o singolarmente": quindi non sarebbe "equilibrato" dare voce a due "capi di coalizione" visto che la stessa legge non ne prevede l’individuazione.

"La programmazione di un unico confronto televisivo tra due soli soggetti politici, nonché le attività di comunicazione ad esso correlate — continua Agcom — risulta non conforme ai principi di parità di trattamento e di imparzialità dell’informazione". E allora? Siamo nelle mani di Vespa. Ovvero della Rai, anche se l’annuncio del conduttore di Porta a Porta aveva destato anche l’alzata di sopracciglio della commissione parlamentare di vigilanza, ma questa è un’altra partita, da giocare casomai dopo. Intanto si aspetta. Cosa? Il ‘genio’ di qualche autore Rai che tolga tutti dall’impaccio. Se mai possibile.

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