Come funziona la legge elettorale in vigore

La legge con cui si voterà, il Rosatellum, è un mix tra il sistema maggioritario (con cui vengono assegnati circa un terzo dei seggi) e quello proporzionale (per i restanti due terzi)

Schede elettorali (Ansa)

Schede elettorali (Ansa)

Roma, 20 settembre 2022 - Rush finale verso le elezioni politiche 2022. Il 25 settembre si voterà con il cosiddetto Rosatellum, la stessa legge elettorale del 2018. Ma come funziona? Si tratta di un mix tra due sistemi elettorali: il metodo maggioritario che assegna circa un terzo dei seggi e quello proporzionale che assegna i restanti due terzi. Pertanto, 147 deputati e 74 senatori saranno nominati in altrettanti collegi con sistema maggioritario (dove vince chi prende un voto in più), mentre i restanti 245 deputati e 122 senatori saranno eletti con sistema proporzionale. A questi andranno sommati quelli all’Estero (8 e 4), che porteranno il totale dei deputati a 253 e quello dei senatori a 126 senatori. Un totale di 400 deputati (147+253) e 200 senatori (74+126), cui, però, vanno aggiunti i senatori a vita, che oggi sono ben sei e che fanno ‘quorum’ per ottenere la maggioranza assoluta. Maggioranza che, dunque, nelle due Camere, è difforme: 201 esatti (la metà +1 di 400) a Montecitorio, mentre a Palazzo Madama è 104 (100 + 1 + 3 senatori a vita su sei). Si chiama, con un brocardo latino, 'quorum' del 'plenum', il totale di tutti i deputati o senatori.

Sei indeciso su chi votare? Ti aiuta il Navigatore Politico

SPECIALE ELEZIONI

Due schede (una Camera, una Senato)

Ai seggi, ogni elettore (ogni cittadino, al netto degli astenuti) riceve due schede: una per il Senato e una per la Camera. Il meccanismo di scelta è di fatto identico per i due rami del Parlamento. Sulla scheda troveremo, per ogni coalizione (o lista singola, se non è in coalizione), un candidato al collegio uninominale e, accanto a ogni simbolo, una lista 'corta' di candidati nel proporzionale.

Il voto, in realtà, è semplice: basta un segno su un simbolo della lista o sul nome del candidato dell’uninominale. Nel primo caso, il voto automaticamente sarà esteso anche al candidato dell’uninominale collegato. Invece, se si mette la croce su uno dei candidati uninominali, il voto si ripercuote automaticamente e proporzionalmente anche sui partiti della coalizione. 

No al voto disgiunto

Non è possibile votare un candidato all’uninominale non collegato alla lista scelta per il proporzionale. In pratica, è vietato il sistema che si usa alle comunali, il “voto disgiunto”.

Le soglie di sbarramento

Ci sono due sbarramenti nella legge elettorale attuale per la parte proporzionale. I seggi sono spartiti tra le liste che ottengono almeno il 3%. I partiti che fanno parte di una coalizione e che prendono tra l’1 e il 3% riversano i loro voti, proporzionalmente, alle altre liste della stessa coalizione che hanno superato il 3%. I voti delle liste che rimangono sotto l’1% vanno persi.

Per questo, i partiti maggiori danno ai partiti più piccoli un pugno di collegi uninominali sicuri, assicurando loro quello che, erroneamente, viene detto 'diritto di tribuna'. Ma non lo fanno gratis. La loro 'ricompensa' sta nei voti 'proporzionali' che arrivano dalle liste che superano l’1%, ma che non arrivano alla soglia del 3%. Queste liste ‘non’ eleggono nessuno, ma contribuiscono a eleggere, in quota parte, i candidati di chi passa il 3%.

C’è anche un’altra soglia di sbarramento, al 10% per le coalizioni, ma è scritta ‘sulla carta’. Infatti, una coalizione che non raggiunge il 10% dei voti è pur sempre composta da una o più liste che ha o hanno preso il 3%. La lista principale, superando lo sbarramento del 3%, si avvantaggia del contributo delle liste tra l’1% e il 3%. Ove nessuno superi il 3% il problema è risolto alla radice: nessuno lista ha passato lo sbarramento.

Le pluricandidature (fino a 5) in un solo collegio

Ci si può candidare in un solo collegio uninominale e, al massimo, in cinque proporzionali. Ma non è possibile 'optare', ovvero scegliere dove far scattare il proprio seggio e determinare il parlamentare subentrante. Se si vince il collegio uninominale, il seggio scatta automaticamente. Se si viene eletti nel proporzionale si rischia di essere eletti dove la lista ha fatto il quoziente peggiore, non il migliore. È 'l’effetto flipper' del Rosatellum che rischia di complicare la vita a molti degli eletti che, specie quelli dei partiti piccoli o medi, non sapranno se e dove sono stati eletti fino al giorno dopo le votazioni, cioè fino al 26 settembre. 

Il nodo coalizioni

Dal punto di vista politico il sistema elettorale attuale rende quasi indispensabile coalizzarsi, se si vogliono vincere i seggi (o collegi) della parte uninominale, i quali risultano decisivi per la vittoria finale, cioè per ottenere la maggioranza dei seggi. Vari costituzionalisti hanno avvertito sul ‘pericolo’ di un sovradimensionamento della coalizione che vince: la coalizione più forte - il centrodestra - potrebbe ‘sfondare’ il tetto del 48-49% dei voti e arrivare al 62-65% in seggi, potendo, quindi, approvarsi da sola molte riforme.

Certo è che la legge elettorale produce due esiti. Il primo è che nei collegi uninominali - in cui ogni partito o coalizione può presentare un solo candidato - è più conveniente presentarsi sotto forma di coalizione e, al proprio interno, di una grande forza politica, per massimizzare i voti.

Presentarsi divisi o non in coalizione, come lista singola, significa, invece, ‘consegnare’ il seggio alla coalizione più forte. Il secondo è che, al contrario dei risultati del 2018, quando i poli usciti vincenti erano due, il meccanismo maggioritario fa sì che dopo il voto dovrebbe emergere, e nettamente, un vincitore.

In pratica, riassumendo, con il Rosatellum, chi si presenta in coalizione - e la coalizione gode di buone possibilità di affermarsi sulle altre - ha ottime chance di venire eletto, mentre chi si presenta dentro coalizioni 'deboli' o, soprattutto, in liste singole, ha chance di elezione molto più deboli, incerte o precarie. L’altro tema è che il Rosatellum ha un ‘baco’ maggioritario che ha ‘infettato’ anche la parte non maggioritaria del sistema (i collegi uninominali) ma la stessa sua parte proporzionale (i collegi plurinominali).

Infatti, anche nella parte proporzionale, il partito ‘più grande’ della coalizione beneficia dei voti che vengono espressi ai partiti più piccoli e che non superano la soglia di sbarramento del 3%. I voti che sono stati espressi ai partiti che restano sotto la soglia di sbarramento, purché superiori all’1% dei voti, vengono infatti ripartiti, in modo proporzionale, dal partito più grande al più piccolo che, invece, tale soglia hanno superato. Aumentandone i seggi dentro le due Camere.