La strada dell'Italia passa dalla Ue

Al di là dei toni da comizio tipici della campagna elettorale, è evidente che il rapporto con Bruxelles sarà fondamentale per qualsiasi premier

Ursula von der Leyen e Mario Draghi

Ursula von der Leyen e Mario Draghi

Gira che ti rigira, passa dall’Unione europea e dal rapporto con l’Unione europea il futuro di qualsiasi governo di cui il nostro paese si doterà dopo il 25 settembre. Sia che vinca il centrodestra, come molti analisti prevedono, sia che vinca il centrosinistra o si arrivi a una qualche forma di “pareggio”.

D’altra parte non potrebbe che essere cosi. Non tanto per la nostra storia (siamo un paese fondatore, abbiamo espresso più volte presidente della commissione e presidente del parlamento Ue), quanto per il presente. Siamo il paese cui viene destinata la più alta quota di fondi del Pnrr, e siamo tra quelli che si piazzano sempre tra il primo e il secondo posto per i fondi strutturali (nella programmazione 2014-2020 eravamo secondi dietro alla Polonia con 43miliardi, nella programmazione 2021-2027 tale quota è addirittura salita a 73 miliardi). E’ evidente che il rapporto con Bruxelles sarà fondamentale per qualsiasi premier. Al di là dei toni da comizio tipici della campagna elettorale, nessun primo ministro sano di mente potrà pensare di dare da sé, né di intavolare con Bruxelles un rapporto fondato sul conflitto e la diffidenza. Avremmo tutto da perdere.

Il Regno Unito che aveva pensato di “fare da sé”, si è adesso accorto quanto la Brexit ha fatto perdere agli inglesi, e la maggior parte dei sondaggi indicano che se si votasse oggi la maggioranza dei cittadini di Carlo III sarebbe per il “remain”. Facile a dirsi più difficile a farsi questo rapporto con la Ue, e quanto difficile lo abbiamo visto in questi giorni. La vicenda Orban non è e non sarà indolore. Ha ragione Giorgia Meloni e dire che “non si può accettare il principio secondo il quale un governo eletto deve per forza passare sotto al vaglio di una sorta di tribunale di legittimità oltre a quello dei cittadini”, ma è anche vero che il voto dei cittadini non è “tana libera tutti” verso una piena legittimità democratica. Altrimenti anche Putin o Erdogan potrebbero dirsi democratici, e invece sappiamo che non è vero.

La democrazia è un qualcosa di più complesso. E’ il rispetto delle regole che nel tempo una democrazia si dà, e che prescindono da chi al momento guida il vapore. Lo dice la nostra stessa Costituzione, che esclude per esempio il ritorno alla monarchia anche in presenza di una maggioranza di cittadini che la chiedessero. Lo dice il comune sentire nei paesi più avanzati, che dà per accettati e indiscutibili principi fondanti come il rispetto delle minoranze, la separazione dei poteri, il rispetto delle libertà individuali, la piena ed effettiva libertà di stampa. E lo dice appunto la carta dei valori su cui l’Unione europea è fondata, a cui l’Italia ha liberamente aderito e da cui, come abbiamo visto, ottiene molti vantaggi. Chi sarà al comando dopo il 25 settembre dovrà su questi aspetti chiarire e forse chiarirsi definitivamente le idee. A quel momento la campagna elettorale sarà terminata, e le zone d’ombra non sono ammesse.