Mercoledì 24 Aprile 2024

Bonaccini, modello Emilia per il Pd: "Qui sappiamo vincere. Io ci sono per il Paese"

Il governatore dem: mi sto spendendo ogni giorno per tutto il territorio "È il momento di parlare alle persone. Le frasi su Israele? Serve rigore". E sulle elezioni: "Bisogna fare proposte, non demonizzare gli avversari"

Stefano Bonaccini, 55 anni

Stefano Bonaccini, 55 anni

Bologna, 22 agosto 2022 - C’è chi guarda a lui pensando già a un eventuale congresso Pd in caso di sconfitta elettorale. E c’è pure chi pensa possa essere il nuovo ‘ponte’ verso il centro fuggito e ciò che resta di Base Riformista. Ma Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, alla domanda se serva un congresso in caso di sconfitta, taglia corto: "Soprattutto in questo momento la politica deve rivolgersi alle persone, non parlare a sé stessa. Pensiamo a lavorare per vincere, perché in gioco c’è il bene del Paese, non l’interesse di partito".

Bonaccini, ma se dovessero chiederle un impegno per il partito a livello nazionale, come si porrebbe? "Il mio impegno per il Pd e per il Paese c’è ogni giorno e non è mai stato in discussione. Mi spendo su tutto il territorio perché è solo stando fra le persone che si capisce quali siano le situazioni da affrontare, i problemi da risolvere, le opportunità da consolidare".

L’Emilia-Romagna ha dato spinta al centrosinistra alle ultime tornate. Anche oggi? "Da qui è venuto un contributo decisivo in tutte le ultime elezioni nei Comuni: da nessun’altra parte si è vinto come qui, dalle ultime regionali in poi. E di fronte a emergenze nazionali siamo sempre in prima linea: dal rigassificatore di Ravenna al più grande parco dell’eolico e del fotovoltaico in Europa. Io ci sono sia per il Pd che per l’Italia".

Manca un mese al voto e il centrosinistra parte indietro: è fattibile il recupero? Se sì, come? "In democrazia decidono gli elettori e lo faranno il 25 settembre. Prima, nulla è deciso e c’è una sola cosa da fare: parlare alle persone di temi e proposte concrete, per un’Italia migliore e più giusta. Senza demonizzare nessuno, ma evidenziando con chiarezza le differenze tra noi e la destra: loro vogliono meno tasse per i ricchi, noi stipendi migliori per chi lavora; loro guardano ai privati, noi vogliamo rafforzare la sanità pubblica; loro ci vogliono ai margini dell’Europa con l’Ungheria di Orban, noi lavoriamo con Bruxelles perché l’Italia veda riconosciuto il suo posto e le sue ragioni, come avvenuto col Pnrr".

I fatti di Frosinone e le frasi choc su Israele danno una visione di una parte del Pd inattesa e negativa. L’Emilia è simbolo del buongoverno e di un rigore distanti da certe prese di posizione e atteggiamenti. Serve una scuola di politica? O di buonsenso? "Serve rigore in quel che si dice e in quel che si fa. A me hanno insegnato che nelle istituzioni ci si candida e ci si sta avendo a cuore l’interesse generale e quindi anche rispetto per chi non ti ha votato e magari non ti voterà mai. Il Pd fa bene a vigilare e intervenire dove ciò non succede. Lo stesso rigore vorrei però vederlo anche a destra".

Matteo Renzi dice che Letta sta facendo campagna per la Meloni, demonizzandola e regalandole voti. È d’accordo? "Letta non sta facendo una campagna elettorale sul fascismo. Noi parliamo di scuola e sanità pubbliche e più forti, a fronte di una destra che vuol far pagare le stesse tasse ai poveri come ai ricchi, tagliando i servizi; di salario minimo, buste paga maggiori e sostegno alle imprese che innovano rispetto a chi propone l’ennesimo condono fiscale; di diritti civili rispetto a chi considera non italiani ragazzi e ragazze che nascono e studiano in Italia o che vuol decidere chi si debba amare".

Calenda era stato in prima linea nel sostenerla alle Regionali 2020. Ora vi trovate divisi: quanto inciderà sull’esito finale del voto? "Stimo Carlo, ma la contraddizione è tutta sua. In Emilia-Romagna stiamo dimostrando che si può governare bene insieme, in una coalizione di centrosinistra larga e senza aver mai avuto un giorno di crisi. E il 25 settembre la scelta sarà tra noi e la destra".

Dal meeting di Rimini si chiede una politica più attenta a lavoro e imprese, con uno stop alle scorciatoie. È un’utopia? "Sono d’accordissimo. Creare lavoro di qualità attraverso imprese di qualità dovrebbe essere la principale preoccupazione della politica, insieme a quella di accelerare una transizione ecologica i cui costi economici e sociali non possono essere scaricati sulle spalle di chi lavora e produce lavoro".

Il centrodestra, dalla giustizia al Pnrr alle tasse, ha proposte radicalmente diverse dal PD. E promette battaglia anche sulle opere pubbliche. Come potrete collaborare dal punto di vista amministrativo? "Aver sempre votato contro il Pnrr prima e volerlo cambiare adesso, così come rimettere in discussione infrastrutture sbloccate dopo decenni e ora già appaltate come il Passante di Bologna, significa costringere il Paese a dover ripartire ancora una volta da capo, contro l’interesse generale. Esattamente come l’aver sfiduciato Draghi nel momento in cui il Paese affronta un’emergenza energetica senza precedenti. C’è bisogno di un’Italia del sì, non di soli no".