Elezioni, incubo astensione: si va verso il record. Il centrodestra: al voto anche lunedì

Vassallo, direttore del Cattaneo: i Millennials i meno interessati. "Ma l’esito incerto può spingere molti ad andare alle urne"

L'astensionismo in Italia

L'astensionismo in Italia

Bologna, 4 agosto 2022 - La generazione Z batte i Millennials, i professionisti cinquantenni latitano; le città medie superano in democrazia le metropoli. Se ci fossero due mappe dell’astensionismo – sentimentale e geografica – il disegno sarebbe questo: "In trent’anni, dalle politiche del 1976, con una affluenza del 93,4%, a quelle del 2006 la partecipazione è scesa solo di 10 punti – ragiona Salvatore Vassallo, direttore dell’Istituto Cattaneo di Bologna –. Mentre passati appena 12 anni, nel 2018 si è già giunti al 73%: le ragioni stanno nelle persone e nell’ambiente dove vivono".

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Direttore Vassallo, cosa ci possiamo aspettare da questo nuovo giro elettorale?

"Quando una competizione presenta un esito incerto in una polarizzazione destra-sinistra l’affluenza aumenta. Il 2006, con il duello Unione-Casa delle Libertà, fu un piccolo caso. E quando la posta in gioco sale, sale anche l’attenzione e la partecipazione: le elezioni regionali dell’Emilia-Romagna nel 2020 Bonaccini-Borgonzoni portarono il 68% alle urne contro il 37% del 2014".

L’effetto-Meloni potrebbe portare più persone al voto?

"È davvero un rebus e non solo perché si voterà a ridosso delle vacanze. Se si delineano visioni nette in maniera trasparente, non caricate sul passato né collegate a proiezioni demoniache dell’avversario, si possono conquistare molte più persone e si convincere i più giovani".

L’astensione potrebbe non continuare la sua picchiata?

"È difficile capire se queste elezioni saranno percepite come una consultazione dall’esito scontato o come una grande polarizzazione. L’astensionismo in questi anni è cresciuto principalmente per due motivi".

Quali?

"Da una parte il rigetto, la sensazione di distanza dalla sfera pubblica e questo ha penalizzato le categorie economicamente più svantaggiate e l’elettorato periferico; dall’altra la sensazione che le cose non possono cambiare, che non è necessario esprimere il dissenso, che alla fine non si sta così male. E questo è avvenuto soprattutto nelle grandi città, in cittadini che non sono anti-establishment".

Non a caso negli ultimi 10 anni il vero crollo di partecipazione è stato alle amministrative.

"Uno potrebbe pensare che sia falso, che ci sia più interesse per le proprie comunità, e invece è proprio il contrario: in Italia la riduzione media è stata di 15 punti, dal 70 al 54%, mentre per Europee e Politiche il calo c’è stato, ma meno forte".

Ma qual è l’identikit di chi si astiene?

"Diverso da quello che ci si aspetta. I giovani sono molto interessati alla politica. E vanno a votare".

Quali giovani?

"La Generazione Z, o i cosiddetti post millennials, nati alla fine degli anni Novanta, hanno un interesse superiore rispetto alla generazione precedente. Che è quella che ha fatto crollare i dati alle ultime tornate".

Perché secondo lei?

"I quarantenni, vuoi per il periodo dove ci si concentra molto su famiglia e lavoro, vuoi per il modo e i tempi in cui sono cresciuti, sono più distaccati da certe tematiche. Dunque dalla politica".

Generazione Z batte Millennials sul minato fronte della partecipazione democratica?

"La Generazione Z è più interessata alla politica nazionale e internazionale, si occupa di diritti, equilibri globali, contenuti. Potrebbero essere loro i veri protagonisti questa volta".