Francia-Germania: sorrisi e strette di mano ma la tensione rimane

La divergenze tra i due Paesi sembrano incolmabili. Gli attriti sono esplosi con il progetto di scudo antimissile tedesco, con il piano nazionale da 200 miliardi per l'energia, varato da Scholz senza avvertire Parigi, e con l'opposizione di Berlino ad un tetto europeo sul prezzo del gas.

Emmanuel Macron

Emmanuel Macron

Grandi sorrisi e strette di mano, ma non basteranno a rimettere sui binari la relazione franco-tedesca. Con questo obiettivo il presidente francese, Emmanuel Macron, ha ricevuto il 26 ottobre all’Eliseo il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, nel tentativo di appianare le tensioni di questi mesi. Ma rien ne va plus tra Parigi e Berlino, costrette nei giorni scorsi perfino ad annullare questo vertice intergovernativo, rinviandolo sine die a causa di divergenze incolmabili su tutti i dossier. Gli attriti sono esplosi con il progetto di scudo antimissile tedesco, con il piano nazionale da 200 miliardi per l'energia, varato da Scholz senza avvertire Parigi, e con l'opposizione di Berlino ad un tetto europeo sul prezzo del gas.

Secondo Parigi non c’è la volontà tedesca a collaborare maggiormente, condividendo e coordinandosi su una varietà di questioni politiche, dall'energia da utilizzare a questioni di politica internazionale, come la guerra in Ucraina e il rapporto con la Cina. E il governo Scholz non intende fare il gioco franco-centrico di Macron. Le tensioni sono diventate ancora più evidenti all’ultimo Consiglio europeo, dove Macron ha avvertito che l’isolamento della Germania non sarebbe positivo né per lei né per il mondo. Scholz ha ribattuto di non sentirsi «in alcun modo» isolato.

Il pomo della discordia sembra essere la scelta tra lo sviluppare sistemi di armamenti europei o comprarli dagli Stati Uniti. Parigi è ovviamente il principale sponsor dello sviluppo di sistemi comuni, un approccio che si traduce nel continuare a vendere prodotti delle industrie francesi, come i caccia Rafale, mentre diversi Paesi europei, Germania in testa, continuano a preferire armamenti «off the shelf», quindi americani, con il rischio di sviluppare una dipendenza militare dell'Europa dagli Usa. Il caso dell’aereo F-35 è emblematico. L’Eliseo non ha ancora digerito la decisione del Bundestag di acquistare gli F-35, mossa che segnala una minore attenzione da parte di Berlino rispetto alla sua relazione con Parigi e anche sul reale impegno tedesco nel progetto del caccia di sesta generazione Future Combat Air System (Fcas), al quale i due Paesi collaborano insieme alla Spagna. Sebbene i due programmi aerei non siano in competizione tra loro, la preoccupazione transalpina è che a un certo punto Berlino possa decidere di abbandonare il progetto, preferendogli il parallelo Tempest, sviluppato da Italia, Uk, Svezia e Giappone, o che faccia pressioni affinché i due progetti convergano, una soluzione che impedirebbe a Parigi di fare la parte del leone.

La presenza di Londra e di Tokyo, inoltre, potrebbe essere utilizzata dalla Francia per bollare il progetto come «non europeo». Tensioni simili, ma per ragioni diverse, si registrano anche sul carro armato Main Ground Combat System (Mgcs), in difficoltà da prima che la Germania scegliesse il caccia della Lockheed Martin. La minore fiducia tra le due cancellerie mette a rischio anche lo sviluppo ulteriore di questo programma. Con la guerra alle porte dell’Europa, del resto, i Paesi del Vecchio Continente decidono tendenzialmente di optare per soluzioni già esistenti, senza dover passare dai tempi lunghi necessari per sviluppare programmi condivisi. Diversi Paesi Ue possiedono già aerei F-35 - Regno Unito, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Danimarca, Belgio, Svizzera, Finlandia, Repubblica Ceca - e ora anche Germania, Spagna e Portogallo hanno espresso la loro volontà di comprarne. Insomma, sempre più Paesi scelgono di adottare questa piattaforma, a discapito dei prodotti dell'industria francese.

La Germania dovrebbe unirsi in futuro all’accordo promosso dall’Organizzazione per la cooperazione congiunta in materia di armamenti (Occar), che ha assegnato otto miliardi di euro per l’aggiornamento dei velivoli francesi e spagnoli a Airbus Helicopters, ma gira voce che Berlino potrebbe scegliere di sostituire gli attuali Tiger MkIII con gli elicotteri di Boeing. Se queste indiscrezioni fossero vere, la mossa rappresenterebbe un’ulteriore crepa nel sistema «protezionistico» europeo e uno smacco per la Francia. Nei fatti, la distanza tra Emmanuel Macron e Olaf Scholz su molti dossier strategici è ormai tale che è stata rinviata sine die la riunione interministeriale tra i due governi del 26 ottobre – un appuntamento fisso da vent'anni – per evitare di evidenziare la loro completa dissonanza di strategia. Scholz ha una concezione dell’Unione tutta mercantile, minimale, economica, mentre Emmanuel Macron punta a un sovranismo europeo di stampo neogollista, che prevede la creazione di un forte soggetto politico continentale autonomo dagli Stati Uniti e alternativo alla Russia.

Là dove il cancelliere tedesco proietta la Germania tutta verso Est – antica aspirazione teutonica – e propone un allargamento dell’Unione Europea a 30 e addirittura a 36 Paesi, compresa l'Ucraina, il presidente francese lavora intensamente invece a un blocco delle nuove adesioni e alla formazione di un nucleo duro tra gli attuali membri grazie alla fine auspicata della regola dell’unanimità. Una dissonanza che non è stata assolutamente superata dal vertice Macron-Scholz a Parigi, che ha registrato più mediazioni lessicali e manifestazioni di buona volontà che reali convergenze strategiche.