La motivazione ufficiale sarà quella che si usava un tempo: "Per raggiunti limiti di età". La Lega potrebbe non ricandidare più Umberto Bossi, il suo fondatore, padre nobile, ideologo. Leader, Bossi non lo era più da un pezzo: da ancor prima della svolta nazionalista di Salvini; diciamo da quella ingrata notte delle scope a Bergamo, quando i parricidi lo spazzarono via imputandogli le piccole furberie del figliolo più debole, il Trota. Il nuovo Parlamento potrebbe essere così il primo, dal 1987, senza Bossi. Vi era entrato a sorpresa, al Senato, e da allora è rimasto “il Senatùr”: nessuno lo ha mai chiamato “unurevùl”, neppure quando è passato alla Camera dei deputati. A Roma era piombato dal più profondo Nord: Verghera di Samarate, piccolo paese del Varesotto che nessun italiano conosceva, anche se lì veniva fabbricata la moto con cui Giacomo Agostini aveva vinto fior di mondiali, la MV, che significa appunto Meccanica Verghera. Ma non lo sa nessuno, appunto. Salvini ora è decisivo. Ma dev’essere invogliato Per Berlusconi il tempo non passa. "Serve un nuovo miracolo italiano" Terra di gente che “laùra”, che lavora, che “tira su la saracinesca la mattina”, dava da anni segni di insofferenza verso il Sud delle pensioni di invalidità e dei trasferimenti facili e degli impiegati statali che timbrano il cartellino e poi vanno al bar e dei forestali della Calabria e della Sicilia eccetera eccetera e insomma: c’era aria di incazzatura. La protesta – la vita è bizzarra anche fra la gente pratica del Nord – trovò il suo capopopolo in uno che non aveva mai lavorato: l’Umberto, che al bar del paese chiamavano “el mantegnù”, il mantenuto. Con un gruppetto di amici – il Leoni, l’Orsenigo, il Maroni, lo Speroni – cominciò (siamo nei primi anni Ottanta) a spedire un giornaletto a casa ...
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