Elezioni politiche, per Berlusconi il tempo non passa. "Serve un nuovo miracolo italiano"

Il Cav si ripresenta in tv e ripropone gli stessi slogan e le stesse promesse di quasi trent’anni fa

Campagna elettorale 1994: compare lo slogan, "per un nuovo miracolo italiano"

Campagna elettorale 1994: compare lo slogan, "per un nuovo miracolo italiano"

Quando per la prima volta Silvio Berlusconi parlò di "un nuovo miracolo italiano", il vero miracolo era già avvenuto. E quel miracolo era lui. L’aggettivo "nuovo", buttato lì ad arte nello slogan, con finta nonchalance, ammiccava proprio a quello. Un uomo della piccola borghesia brianzola che in poco tempo era diventato il primo in tutto quello che aveva fatto, e che adesso si apprestava all’impresa più difficile, prendersi l’Italia. In confronto, Milano 2, le televisioni, la Fininvest, i titoli già vinti con il Milan erano niente. Eppure lui ci credette, perché i miracoli hanno un segreto, e quel segreto è che tu devi crederci prima degli altri. Quando Berlusconi radunò i suoi uomini ad Arcore per comunicare la decisione di scendere in campo, e quelli gli dissero che era matto - proprio così: "tu sei matto, ti faranno fuori" - lui tirò dritto. E non era gente qualunque, quanto personaggi del calibro di Fedele Confalonieri, Ennio Doris, Gianni Letta, Carlo Bernasconi.

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Ma il Cavaliere sa che i miracoli si possono ripetere, come è accaduto per lui, e che sei hai creduto al primo finisci per credere anche agli altri. Così quando adesso Berlusconi si fa riprendere nel suo studio di sempre a parlare di "nuovo miracolo italiano", usando le stesse immagini, le stesse parole, gli stessi gesti, le stesse promesse di 28 anni fa non fa che tornare ad applicare la strategia conosciuta e vincente, a rimettere sul piatto il format che per un trentennio lo ha reso protagonista della vita politica italiana, e non solo. Il "nuovo miracolo italiano" di cui parla ora il Cavaliere non è una ripetizione o una mancanza di fantasia, ma un cosciente ritorno dell’uguale che nella sua testa ha sempre funzionato. Berlusconi sa che le medesime promesse di allora - l’abbassamento delle tasse, meno burocrazia, una giustizia giusta - sono adesso sconfitte accettate, sa che il paese guarda altrove, all’emergenza energetica, il lavoro giovanile, la sicurezza globale. Ma per lui tutto questo conta poco, perché un miracolo non è mai una ripetizione, e l’idea stessa di miracolo porta con sé quella di attesa, stupore, novità. In fondo, come diceva Machiavelli, "governare è far credere".

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Così il contenuto di quanto detto in questi giorni da Berlusconi su pensioni, tasse, giustizia passa in secondo piano. Per trent’anni si sono scritti fiumi di inchiostro sulle parole del Cavaliere, ma non c’è politico al mondo per cui le parole abbiano avuto meno importanza. Berlusconi è l’uomo che si è raccontato come in un film muto, con un meta-linguaggio impolitico fatto di sorrisi, cravatte di Marinella, barzellette, coppe dei campioni, conquiste femminili, foto patinate. E’ tutto questo che lui, e l’italiano medio, hanno sempre identificato con il miracolo, che prescindeva dalla realtà e si identificava piuttosto con i sogni. Ed è con i sogni che si vincono le elezioni, non parlando di tasse come fa quel precisino di Enrico Letta. Non peraltro tra i due fratelli coltelli della sinistra, Letta e Renzi, il Cavaliere ha sempre saputo da che parte stare.

Il miracolo è stata la sua proiezione esterna, la rappresentazione di sé, e gli ha permesso di disegnare una parabola che ha attraversato i decenni e di svicolare gli ostacoli che si è trovato davanti, anche quelli che si era creato lui stesso, o non ha saputo risolvere. E’ stato l’uomo politico che ha detto le più grandi bugie per affermare le più grandi verità, tipo la sua libertà di imprenditore, la politicizzazione della giustizia, il clima di conformismo consociativo post guerra fredda da cui l’Italia non era (e non è) ancora uscita, la necessità di una rivoluzione liberale che non gli è riuscita e che è stata, ed è, il suo grande fallimento politico, più dell’unico "vero" miracolo di cui non è stato capace, quello di diventare presidente della repubblica. Ma lui ora va avanti, e si ripropone allo stesso modo. Flaiano diceva che gli italiani "hanno una tale sfiducia nel futuro che fanno progetti solo sul passato". Lui e i suoi richiami al "nuovo miracolo italiano" potrebbero essere questo. Ma visto il personaggio finiscono forse per assomigliare più che altro a una sfida. L’ennesima. A questo punto anche a sé stesso.