Elezioni 2022, effetto reddito di cittadinanza: rimonta Cinque stelle nel rush finale

La misura-bandiera del movimento consente di fare bottino di voti al Sud. Il ruolo di Giuseppe Conte e i rapporti col Pd

Giuseppe Conte al seggio

Giuseppe Conte al seggio

Roma - Non superano il Pd, come qualcuno aveva ipotizzato nelle ultime ore prima dell’apertura delle urne. E non saranno forse neppure il secondo partito nella classifica dei ‘vincenti’ in questa tornata elettorale, ma di sicuro il M5s potrebbe portare a casa un risultato che solo pochi mesi fa si sarebbe giudicato impossibile, quindi a suo modo sorprendente: il 16%, in una forbice che vede il dato più basso possibile il 14% e il più alto il 18%.

Se, alla fine dello spoglio, dovesse essere confermato il dato, per il M5s guidato da Giuseppe Conte ci sarebbe davvero di che cantare vittoria. Con il Pd che ha mostrato tutta la sua fragilità, i grillini si avviano a costituire lo zoccolo duro di quella che potrebbe essere la prossima opposizione alla nuova maggioranza guidata da Giorgia Meloni. Perché quello che li ha fatti tornare a ‘sperare’ di non scomparire è stata quella legge, che hanno voluto con fermezza, che la leader di Fratelli d’Italia ha invece promesso di voler cancellare; il reddito di cittadinanza. E anche se al Sud, dove si trova il numero più ampio di percettori del reddito, l’affluenza alle urne è stata più modesta rispetto alle aspettative, c’è da credere che sia stata proprio la contestata misura ‘assistenzialista’, secondo la Meloni, a rafforzare il Movimento nel rush finale elettorale consentendogli di contendere alcuni collegi uninominali (cinque in Campania, due in Puglia e in Sardegna) che hanno fatto sudare freddo ben più di un esponente di centrodestra.

Il reddito di cittadinanza, dunque. Che arriva per quasi il 70% a famiglie che si trovano a sud di Roma, molti in Sicilia, dove i 293 mila nuclei percettori pesano per il 6,3% sulla platea degli elettori. E poi in Puglia, dove ci sono 147 mila beneficiari pari al 4,3% degli aventi diritto al voto. E ancora: in Sardegna: 60 mila, il 4%. E in Campania: quasi 340 mila, pari al 6,8% del corpo elettorale. E proprio in Campania e in Puglia si concentrano il maggior numero di collegi tornati in bilico. Per questo la variabile reddito potrebbe influire sull’assegnazione secca dei seggi nei collegi di Napoli Fuorigrotta, Napoli San Carlo, Giugliano e Torre del Greco in Campania. In quelli di Bari e di Molfetta per la Camera in Puglia. E ancora di Napoli per il Senato, di Cagliari e di Sassari per Palazzo Madama. Seggi che, alla fine, faranno davvero la differenza e nelle mani di un elettorato che è la chiave, anche, della rimonta dei grillini: "E’ follia - aveva tuttavia negato Conte - che i 5 stelle siano visti solo come il partito dello Stato assistenzialisti, non è così", ma poi la chiave di questa affermazione elettorale passa anche per altri cavalli di battaglia grillini, ovvero il salario minimo, il superbonus - su cui si è consumato lo strappo finale con Draghi - il cashback fiscale, la riduzione dell’orario di lavoro.

Parole d’ordine, di fatto, fortemente ‘di sinistra’, pronunciate in modo troppo debole dal Pd per chi si è trovato orfano, sulla scheda, di una rappresentanza politica capace di rivendicarli come capisaldi di un programma politico come, invece, hanno fatto i grillini. Ecco, dunque, spiegato questo voto per un M5s che tutti davano per defunto e che morto, invece, non è affatto. Anzi. Si può dire che la rimonta di Conte parta da lontano: a luglio il M5s nei sondaggi era pericolosamente vicino al 10%. Un ridimensionamento così pesante che avrebbe potuto destabilizzare la leadership. A inizio settembre, poi, il M5S aveva già recuperato tre punti in media in poco più di un mese, e nessun segnale in queste ultime settimane ha mai suggerito una inversione della tendenza, ma ammesso che alla fine le urne consegnino al M5s il ruolo di ‘araba fenice’ ,il compito di Conte, da subito, non sarà facile; dopo una legislatura al governo con qualunque formazione, avrà gioco facile se una netta vittoria del centrodestra spazzerà via dal tavolo qualunque ipotesi di riedizione di unità nazionale: così potrà mantenere la sua promessa "mai più al tavolo con Letta". E anche questa frase, alla fine, ha avuto il suo perché.

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