Chi ha vinto le elezioni 2022 (e chi ha perso). Meloni prenota il governo

I risultati premiano FdI e deludono Lega e FI. Calenda e Renzi non sfondano. I Dem si fermano sotto il 20%, al M5S riesce la rimonta. Affluenza al 63,9%, crolla il Sud

Chi è andato oltre le previsioni (e chi al di sotto)

Chi è andato oltre le previsioni (e chi al di sotto)

L'Italia affida la maggioranza e il governo a Giorgia Meloni e alla coalizione di centro-destra. Ma, dietro il risultato, che per una volta dovrebbe portare a numeri definiti e non traballanti anche al Senato, si intravedono vincitori e sconfitti. Nell’ordine non casuale, da chi conquista la vittoria migliore a scendere, i primi sono la Meloni e Giuseppe Conte e, sia pure per altri versi, lo stesso Silvio Berlusconi, che ottiene molto di più dell’onore delle armi, se si confermerà l’8 per cento.

La giornata post-voto in diretta

Elezioni 2022, i risultati in tempo reale

Nuovo governo: cosa succede ora. Mattarella, l'iter parlamentare e i tempi

Invece, spicca "triste, solitario y final" Enrico Letta, che rimane probabilmente al di sotto di quel 20 per cento considerato la barriera indispensabile per poter parlare di sopravvivenza anche se come coalizione, per la buona performance di Verdi e Sinistra italiana, ottiene un 26,6 per cento. Ma anche Matteo Salvini finisce per incassare un risultato pessimo, se sarà confermato quell'8,5 per cento, ritenuto il punto di non ritorno per la sua leadership.

Elezioni 2022, con la vittoria di Meloni la stampa estera evoca Mussolini

Chi ha vinto le elezioni 2022 (e chi ha perso). Meloni prenota il governo

E non va bene neanche per Carlo Calenda e Matteo Renzi, lontani, con il 7,5 per cento, da quel 10 tanto annunciato. A tarda notte è questa la fotografia che restituiscono le proiezioni. Uno sconvolgimento del quadro politico che ci consegna un’Italia di nuovo inedita e tutta da scoprire nelle sue dinamiche profonde e nei processi che da questo momento si innescheranno dentro i partiti e fuori, nel complessivo sistema politico, sociale e istituzionale: dal ritorno delle leadership di maggioranza e opposizione, in larga misura, al Centro e al Sud, dopo un trentennio di dominio di quelle del Nord, alla certificazione della crisi irreversibile del Pd come asse del quadro di riferimento, con la conseguente archiviazione del bipolarismo tra prodiani (ed eredi) e berlusconiani, nella direzione, invece, di un Paese con tre poli, uno dei quali, quello del Movimento di Conte, destinato a essere e a rappresentare sempre di più la sinistra radicale di massa sul modello francese di Jean-Luc Mélenchon.

Il punto di partenza del nuovo scenario è la vittoria della Meloni. Non è il trionfo del 30 per cento, come qualcuno si attendeva, ma è netta e senza discussioni con un 24-25 per cento tondo e definito, che fa da propellente indispensabile al successo dell’intera coalizione con Lega, Forza Italia e Noi Moderati. Ma è solo con e grazie a lei che Silvio Berlusconi e Matteo Salvini possono prendere il treno per il governo. Il che implica, come effetto a breve, che sarà comunque sia la leader di Fratelli d’Italia a dare le carte principali per la composizione del nuovo esecutivo e a dettare la linea sui dossier più caldi in ballo: dalla politica estera all’economia, all’Europa.

Il Cavaliere , con gli azzurri, scende al minimo storico: ma era largamente ipotizzabile anche per un partito fondato sulla forza del leader. Ma il futuro sarà tutto da scrivere, perché l’8 per cento è una percentuale di tutto rispetto che conterà molto nella coalizione, vicina a quella della Lega e sopra Azione-Italia Viva. Mentre Salvini, almeno nell’immediato, non potrà tirare a campare con l’atteso ma, al momento, non raggiunto 10 per cento, perché la discesa agli inferi dell’8 per cento, se confermata, porterà i governatori leghisti del Nord a chiedere il conto direttamente al leader.  Come intendono fare consiglieri regionali e un gruppo di parlamentari che vogliono un congresso subito. Così come glielo presenterà la stessa Meloni sia per la guida del Viminale sia per la candidatura al vertice della Regione Lombardia, con la possibile benedizione di Letizia Moratti.

L’ex campo largo del centrosinistra si ritrova sconfitto, ma c’è chi perde male, come il Pd: con lo stato maggiore del Nazareno che, con tutta probabilità, riverserà la responsabilità sul segretario. E c’è chi, invece, come Conte è comunque riuscito a dare slancio a un Movimento esanime e morente, fino a portarlo al 16 per cento: un risultato considerato lontano solo qualche settimana fa, ma al di sotto di quel successo da 18-20 per cento che gli doveva venire dal Sud, rimasto invece a casa.

Calenda e Renzi , a loro volta, possono dirsi soddisfatti, ma non sfondano: il 10 per cento, più volte evocato, rimane lontano. E da oggi sarà da vedere quale futuro avrà la convivenza elettorale. Flop non annunciato, ma avvenuto, per Gianluigi Paragone e per Impegno civico di Luigi Di Maio.