Giovedì 18 Aprile 2024

Biden, la squadra si colora di rosa. Ma la sinistra radicale rompe già la tregua

Totonomine, molte donne in pole position. Joe vuole aprire ai repubblicani, ma la super progressista Ocasio-Cortez lo gela: è ora di osare

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No, Biden non sarà un’anatra zoppa. Per due motivi. Il primo: per il Senato che presumibilmente rimarrà repubblicano. Il secondo: per l’ipotetica inclusione di repubblicani dissidenti nel futuro gabinetto. Il primo motivo può apparire un paradosso. Non lo è se si considera che Joe Biden è un moderato nel partito democratico e come tale ha il problema della sinistra radicale di Bernie Sanders e di Alexandria Ocasio-Cortez. Un Senato repubblicano gli consentirebbe di limitare le concessioni al loro costoso e ambizioso riformismo sociale. Gli farebbe da sponda dai banchi dell’opposizione.

Anche la cooptazione di personaggi dell’altro partito non è una novità. La praticarono Clinton, Bush e Obama. Storicamente non ha mai avuto la struttura dell’ammucchiata o il volto di un governo di unità nazionale, ma è stata la proiezione della ricerca di consensi bipartisan. E nei suoi 47 anni di carriera, Biden è noto per essere stato bipartisan. Non a caso la sua prima dichiarazione è stata: voglio essere il presidente dell’intera nazione.

D’accordo queste cose in democrazia le dicono tutti i neoeletti, ma ora si appoggiano sulle voci di repubblicani disponibili a entrare nella sua amministrazione. Per esempio: John Kasich, ex governatore dell’Ohio, Charlie Baker, governatore del Massachusetts, Jeff Flake, ex senatore dell’Arizona, Meg Whitman, ex Ceo di eBay. Un Senato repubblicano gli permetterebbe dunque di procedere prudentemente in fatto di fiscalità, ambiente, sanità pubblica, nomine giudiziarie. E nomine ministeriali.

Non è detto che Bernie Sanders finisca davvero al Lavoro e Elizabeth Warren alla Sanità. E non è detto che Biden ne sarebbe dispiaciuto. Ecco perché Wall Street non si è depressa. Non si aspetta sconquassi. Vedremo nelle settimane a venire. Con una data fissa: il 14 dicembre i grandi elettori si riuniranno e formalizzeranno i risultati. Biden non è ancora presidente eletto. È presidente "proiettato", come si esprimono i sondaggi. Manca la concessione dell’avversario Donald Trump. Concessione, che comunque non ha alcuna rilevanza costituzionale o legale. Diventerà superflua una volta che, prima di quella data, dovessero essere respinti i ricorsi in quattro Stati chiave, Michigan, Nevada, Pennsylvania e Georgia. La Georgia avrà un ruolo particolare. In gennaio terrà elezioni suppletive per due seggi senatoriali. Il 3 novembre sono rimasti scoperti. Sono sempre stati repubblicani ed è probabile che lo rimangano. Ma la lotta si annuncia drammatica. Imponente già ora la mobilitazione elettorale.

E non è detto che Biden – ecco il paradosso – faccia il tifo per vincere. Con un Congresso interamente democratico avrebbe più problemi che con un Congresso bicolore. L’appuntamento, ultimo di questo interminabile tormentone elettorale, è per il 5 gennaio 2021. Presumibilmente prima, a metà dicembre, l’America e il mondo sapranno se davvero il quasi 78 enne ex vicepresidente di Obama rientrerà alla Casa Bianca da presidente. A meno, ovviamente, di sconvolgenti riconteggi.

Accadde nel 2000. E prima di allora altre tre volte in 232 anni, dalla presidenza di George Washington. La prima fu nel 1876, Hayes contro Tilden. La seconda nel 1887, Cleveland contro Harrison. La terza nel 1960 Kennedy contro Nixon. Ma con una differenza rispetto al 2000: fu la Corte Suprema ad attribuire la vittoria a George W. Bush su Albert Gore. La storia si ripeterà? Al momento Ie probabilità sono basse. E intanto l’agonia continua. Più si prolunga e maggiore è il rischio che prima o poi sfoci in lotte aperte nelle strade. Trump ha dietro di sé metà di un elettorato più rabbioso che deluso. E Biden domenica sera ha auspicato un ritorno alla normalità e non un clima da guerra civile. Sa che con la sconfitta di Trump non è finita l’Apocalisse. È finita una presidenza con un solo mandato, come altre nove volte in quasi due secoli e mezzo di storia americana.