Mattarella presidente bis: vincitori e vinti dell'elezione al Quirinale

La corsa al Colle si è conclusa, ecco chi sale e chi scende tra i leader politici

Roma, 30 gennaio 2022 - La rielezione di Sergio Marrarella al Quirinale sembra aver salvato tutti ma è stata una soluzione raggiunta solo dopo sei giorni laceranti per la politica italiana. Ecco chi ne esce da vincitore oppure da vinto tra gli otto principali leader nel Paese.

Mattarella tra casa e Quirinale. E già pesa le parole per i partiti

Sommario:

 

Enrico Letta: sale 

Il leader del Pd esce dalla partita del Quirinale come uno dei principali vincitori. Ha sostenuto l’idea del Mattarella-bis fin dall’inizio, avendo come unica, reale, alternativa solo l’ascesa di Mario Draghi al Colle. Chiude l’operazione con il bicchiere tutto pieno. A suo merito va anche la capacità di essere riuscito a tenere in piedi, almeno sul piano immediato, sia la coalizione di maggioranza che sostiene il governo sia quella di centrosinistra con i grillini e Leu, fino ad arrivare addirittura a tenere dentro Matteo Renzi nel cosiddetto "campo largo". Letta esce rafforzato anche all’interno del partito, avendo domato le fughe solitarie e non concordate di Dario Franceschini e Lorenzo Guerini. A questo punto, dopo essere stato chiamato a rimettere in sesto il partito dalle rovine prodotte dalla gestione Zingaretti-Bettini, si è conquistato sul campo la vittoria nel congresso che si è svolto in questi giorni.

Giuseppe Conte: scende

Si è soliti attribuire al leader storico del socialismo italiano, Pietro Nenni, un avviso che suona più o meno così: "La politica non si fa con i sentimenti, figuriamoci con i risentimenti". Ebbene, è esattamente quello che ha fatto l’impolitico capo dei grillini. In preda a un furore di vendetta nei confronti di Mario Draghi, per la defenestrazione di un anno fa da Palazzo Chigi, l’ex avvocato del popolo è salito sulla stessa giostra tragica di Matteo Salvini: da lì è stato tutto un bruciare nomi eccellenti, con impreviste alleanze multiple. Il risultato è quello di una leadership inesistente nel M5s: a spingere per il Mattarella-bis o per Draghi è stato Luigi Di Maio, il vero leader dei 5 Stelle.

Luigi Di Maio: sale 

Insieme con Enrico Letta, il ministro degli Esteri ed ex (ma fino a quando?) capo grillino è un altro dei pochi vincitori a tutto tondo della corsa al Colle, edizione 2022. Ne ha fatta di strada il giovane militante di Pomigliano d’Arco: in meno di un anno porta a casa due risultati degni di nota. È stato l’artefice dell’appoggio del M5s a Draghi a Palazzo Chigi lo scorso anno. È stato dall’inizio un sostenitore dell’elezione del premier al Quirinale o del possibile Mattarella-bis, tanto che sono stati i suoi seguaci a votare per Mattarella nei giorni scorsi. Oggi raggiunge entrambi i target e si consolida come il vero numero uno dei 5 Stelle di fronte alla rovinosa caduta di Conte.

Matteo Salvini: scende

Se non si vogliono usare eufemismi, è di tutta evidenza la sconfitta politica e personale del leader della Lega. Esce da un gioco che si è rivelato più grande di lui, delegittimato sia dentro la maggioranza sia nell’ex centrodestra sia nel suo partito. Ha tentato vanamente di essere il kingmaker del nuovo Presidente, ma ha finito per far bruciare uno dopo l’altro una decina di nomi. Ha cercato di tenere insieme centro-destra e maggioranza e, se gli va bene, dovrà appoggiare il governo senza poter chiedere niente. Quanto al centrodestra, manco a parlarne. Netta la perdita di consenso del Capitano che si registra nell’opinione pubblica e tra gli addetti ai lavori: non è azzardato parlare di un Papeete-bis. Il che è forse troppo anche per la Lega: non è da escludere che nell’ultimo partito leninista del Paese non cominci la resa dei conti finale. Giancarlo Giorgetti e i governatori o attendono al varco. 

Mario Draghi: sale

C’era un solo nome che Mario Draghi poteva accettare (e, anzi, addirittura auspicare) al Quirinale al posto suo: quello di Sergio Mattarella. Era evidente da prima che si aprissero le danze. E così è stato. Il premier, dunque, esce da questo torneo come uno dei vincitori e, forse, anche come il kingmaker finale che ha convinto il nuovo-vecchio Capo dello Stato a accogliere la proposta per il rinnovo del mandato. In questo anno, il duo Draghi-Mattarella ha agito in tandem e per il Presidente del Consiglio poter contare anche per questo anno sull’azione comune Palazzo Chigi-Colle è un notevole vantaggio per la stabilità dell’attività di governo e per il posizionamento internazionale dell’Italia sullo scacchiere europeo e mondiale. Nelle cancellerie la soluzione venuta fuori dopo giorni di incertezze è di sicuro quella più gradita. Draghi, insomma, può continuare a contare sul suo massimo sponsor. 

Silvio Berlusconi: sale

Non avesse ceduto alle lusinghe del suo cerchio magico e di qualche alleato che magari voleva farlo bruciare in Parlamento, anche Silvio Berlusconi poteva considerarsi un vincitore pieno della partita. Ma, prima di cadere in aula, ha, comunque sia, evitato la bocciatura: e, anzi, ha continuato a spingere, anche a distanza, per la sola soluzione-cardine voluta fin dall’inizio, anche lui come Enrico Letta (e come il suo consigliere principe, Gianni Letta). Il Cavaliere, dunque, porta a casa il risultato che, in fondo, voleva, incassando la caduta sul campo di chi, come Matteo Salvini, puntava a prendere il suo posto. Si conferma che il dopo-Berlusconi non solo non è mai cominciato, ma che senza di lui e la sua regia l’intera coalizione ha finito per andare a sbattere. E se è vero che forse è tardi anche per lui per rimettere insieme i cocci, è altrettanto vero che che rimane centrale nei giochi che si apriranno.

Giorgia Meloni: scende

Ha svolto un solo ruolo che ha ben poco a che vedere con la politica: interdire e bloccare qualsiasi soluzione di mediazione. Senza avere i numeri per farlo né come partito né come coalizione. Anche se a dispetto dell’evidenza ha continuato a ipotizzare una sorta di diritto di prelazione del centro-destra sulla scelta del nuovo Capo dello Stato. Alla fine, si è ritrovata con un centrodestra letteralmente frantumato in mille pezzi e nel più completo isolamento istituzionale. Tant’è che la reazione alla rielezione di Sergio Mattarella, priva di fair play e dai toni acuti, appare quella di una leader sull’orlo di una crisi di nervi. Insomma, dalla frantumazione del centrodestra la Meloni non sembra che trarrà quel vantaggio che il ruolo di opposizione poteva assicurarle. E se dovesse passare il proporzionale, la strada verso il governo sarà di difficile, se non impossibile, seguito.

Matteo Renzi: stabile

Segna un punto con l’operazione di affossamento di Elisabetta Belloni, l’ambasciatrice che guida il Dipartimento per la sicurezza (la struttura che coordina i servizi segreti). Così come con quelle precedenti che hanno portato alla bocciatura di Franco Frattini e di altri nomi eccellenti. Ma, per il leader di Italia Viva, si tratta di mezze vittorie. Non di più. Il suo candidato era Pier Ferdinando Casini, ma si sarebbe fatto piacere anche Mario Draghi, più per necessità che per convinzione. L’elezione nuova di Sergio Mattarella (che aveva voluto 7 anni fa da segretario del Pd) non era nel suo radar, anche se deve fare buon viso a cattivo gioco. Diciamo che esce con la sufficienza. Non all’altezza delle sue ambizioni. Soprattutto, dovrà fare i conti con una prospettiva, se dovesse passare il proporzionale, che lo porrà di fronte al bivio tra l’alleanza con i centristi e la corsa, pericolosa, in solitaria.