A un pugno di ore dall’ora X del voto per il Colle, la trattativa non decolla, benché tutti parlino con tutti, e ogni ipotesi di accordo appare ancora in alto mare. Tutto certo si potrebbe sbloccare tra oggi e domani, anche se i segnali non autorizzano grande ottimismo. A ingarbugliare la matassa provvedono l’incognita del futuro del governo e, soprattutto, della legislatura. Malgrado il gioco di sponda tra i due Letta, Enrico e Gianni, la candidatura di Mario Draghi appare per ora bloccata dai veti incrociati. Quello dei Cinquestelle, con Giuseppe Conte che insiste sull’impossibilità di indicare quel nome "senza fare esplodere definitivamente il Movimento"; quello di Salvini i cui ufficiali ancora ieri ripetevano martellanti: "La nostra posizione è nota, deve restare a Palazzo Chigi". E quello di Berlusconi che, nonostante il pressing di amici fidati e aziende, ieri resisteva. Andrea Riccardi: chi è il nome nuovo nella corsa a presidente della Repubblica Rimane il fatto che la prima mossa sulla scacchiera del Quirinale parte oggi dal vertice del centrodestra. Se il candidato in campo resterà quello di Berlusconi o, come tutto lascia credere, sarà sostituito da un nome o una rosa di nomi di diretta espressione del centrodestra, sarà considerata dal Nazareno una aperta dichiarazione di guerra. Segno cioè che la destra vuole forzare la mano cercando l’elezione di un proprio candidato anche a costo di rischiare una crisi di governo che, in caso di vittoria in aula del papabile, diventerebbe quasi inevitabile. "Intanto, dobbiamo trovare la quadratura del cerchio tra di noi", allargava le braccia ieri sera un ex ministro della destra. Sì, perché ogni leader ha le sue simpatie e le sue idiosincrasie: il nome di Pier Ferdinando Casini, per dire, non è gradito a Salvini che preferirebbe candidare Marcello Pera o Letizia Moratti. Difficile per ...
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