Giovedì 25 Aprile 2024

Quante ipocrisie. Sì, parliamo di poltrone - di M. Brambilla

Una delle cose più esilaranti di questi giorni è stato il ritornello "noi parliamo di programmi, non di poltrone". Di Maio e i suoi questo concetto lo hanno ripetuto più e più volte: anche ieri mattina, anche ieri sera. Secondo i Cinque Stelle, dall’inizio della trattativa in poi s’è sempre pensato all’Italia e ai cittadini: mai ai nomi dei possibili ministri. Non ci crede nessuno. Ma mettiamo che sia vero.

Se fosse vero, non sarebbe esilarante: sarebbe deprimente. Perché sarebbe una follia più grave della bugia. Non parlare di poltrone significherebbe infatti non parlare di nomi; non parlare di nomi, significherebbe non parlare di persone; non parlare di persone, significherebbe non parlare di competenze, di capacità, di doti, di preparazione. Ma che governo sarebbe un governo con un magnifico programma, ma con degli imbecilli – o anche solo dei mediocri – chiamati a tradurre le idee in realtà? Sarebbe come se in questi giorni di calciomercato gli allenatori avessero detto ai propri direttori sportivi: non mi importa quali giocatori mi comperate o mi vendete, quel che conta è che giocherò con il 4-3-3, o forse è meglio il 3-5-2.

La spartizione delle poltrone è uno spettacolo "disgustoso" – come lo ha definito ieri Salvini – quando vien fatta senza tener conto dei meriti e delle competenze, e su questo siamo tutti d’accordo. Ma negare spudoratamente che nel corso di una trattativa per la formazione di un governo si parli anche di poltrone è un’insopportabile ipocrisia, perché tutti sanno che la politica è fatta così: e così tutti si comportano, anche coloro che lo negano e poi hanno cercato fino all’ultimo di fare il vicepremier. E se la negazione di questa realtà è un’ipocrisia, l’enunciazione dell’irrilevanza dei nomi come principio ("uno vale uno") è una follia. Se non si pensa a chi potrebbe fare il ministro non si è ’diversi’ dagli altri: si è irresponsabili.

Il Movimento ha preso da tempo il Palazzo d’Inverno: non ci sarebbe nulla di male a prenderne atto e ad abbandonare una retorica antemarcia che ormai genera solo ilarità.