Venerdì 19 Aprile 2024

Le spese inutili di Natale. Siamo in crisi ma abbiamo soldi da buttare

Una trentina di anni fa, nel 1988 per la precisione, uscì un bel libro che si intitolava "Quando eravamo povera gente". Lo aveva scritto Cesare Marchi, grande giornalista, che ci lasciò poco dopo. Fosse ancora vivo, sono sicuro che Marchi userebbe la sua straordinaria ironia per commentare i commenti (scusate il gioco di parole) fatti ieri da varie associazioni sul riciclo dei regali di Natale. C’è chi sostiene, infatti, che i regali che ricicleremo per ben 3,3 miliardi sarebbero la prova della nostra propensione al risparmio al tempo della crisi. Marchi, che pure era veneto, replicherebbe in napoletano come Totò: "Ma mi faccia il piacere".

Pare infatti evidente che, prima del risparmio, viene la spesa: abbiamo fatto regali inutili per 3,3 miliardi. E, sempre secondo i vari centri studi, sono 23 milioni gli italiani che hanno ricevuto qualcosa di cui non solo non hanno bisogno, ma che non sanno neanche come e dove piazzare. Cito altri dati: "Cinque su dieci ricicleranno i doni ricevuti"; "in pole position tra i beni riciclati troviamo i generi alimentari per il 45 per cento"; "il 20 per cento degli acquisti alimentari di questi giorni finirà in pattumiera". Quando eravamo povera gente, a Natale non si riciclavano cibi e bevande, né tantomeno si gettavano nella spazzatura. È vero che siamo in crisi, che il Pil non sale e i giovani fanno fatica a trovare un posto fisso: ma restiamo una società opulenta con uno spreco che grida vendetta al cielo. Fare un regalo a una persona cara è diventato un supplizio mentale: di che cosa avrà bisogno?

L’impressione è che tutti abbiano già tutto, specialmente i figli, ai quali finiamo infatti per regalare dei soldi. Quando eravamo povera gente, non si riciclava il superfluo ma i vestiti dei fratelli e dei cugini più grandi. Non c’è nulla di male nel fare regali inutili e nel riciclarli poi: ma è assurdo sostenere che (come leggo in una nota di Confcooperative) "egoismo e paura per il domani, oltre all’aumento della povertà, determinano la dinamica dei consumi e la propensione alla spesa degli italiani". I dati che trovate nelle pagine qui a fianco non sono il segno di un "aumento della povertà", ma di un Paese che sicuramente non correrà più come una volta, però che altrettanto sicuramente ha più di sempre: anche più di quanto avevamo nei mitici anni Sessanta, quando il Pil saliva. Siamo in crisi di crescita ma siamo ancora, come scrive Luca Ricolfi, "la società signorile di massa". E i Paesi poveri sono altri: quelli in cui il cibo non finisce nella spazzatura per il semplice fatto che prima non era finito in tavola.