
Alle ore 16 italiane
Si accendono fuochi di pace? Forse. Fatui o veri che siano, è meglio che niente. Oggi Trump sentirà Putin. Non risolutivo certo, ma neppure secondario: al di là di tutte le iniziative e gli appelli, se per l’Ucraina nascerà almeno qualcosa che assomiglia a una tregua, dipende da loro due. Che l’Europa possa avere un qualche ruolo, dipenderà invece da noi europei: uniti nel sostenere Kiev, assenti o in ordine sparso nel ricucire tra i belligeranti. Il tavolo a tre di ieri a Palazzo Chigi tra il vice presidente Usa Vance, Meloni e Ursula von der Leyen, fa riemergere la Ue dalle nebbie della diplomazia. Perché un conto sono i "volenterosi", con una pattuglia di leader del continente, altro è la Ue stessa nella persona della presidente della Commissione, la numero uno dell’unica specie di governo che siamo riusciti a darci. La nostra premier teneva da tempo a questo incontro (non scontato), per smentire l’"isolamento dell’Italia", e per confermare l’unico ruolo che una non-grande-potenza può ragionevolmente avere in situazioni così complesse: favorire il dialogo. Prima di tutto, essenziale, quello tra alleati. Perché, anche se un certo clima di qua e di là dall’Atlantico rischia di farcelo dimenticare, Europa e Stati Uniti, l’Occidente, stanno dalla stessa parte e i competitor, per usare un termine benevolo, sono altri. I reciproci attestati di amicizia tra Vance e von der Leyen, dopo l’intreccio di incontri con Zelensky, fanno parte dei rituali geopolitici. Ma il clima è parso oggettivamente disteso, e le parole sembrano aver assunto uno spessore più concreto. Se Ursula ha benedetto gli sforzi di pace della Casa Bianca, e il vice di Trump si è lanciato nell’auspicio di una prospettiva virtuosa delle relazioni commerciali (leggasi accordo sui dazi) anche grazie al "ponte-Meloni", beh non è stato un tavolo inutile. Anzi. Un mattone, certo. Una ripartenza. Europa compresa.