Saman, italiana come noi

Una cittadinanza alla memoria perché lei, come tanti altri giovani, sono l’unica vera chance per un’integrazione possibile. E si sentono italiani fino a mettere a rischio la propria vita

Agnese Pini

Agnese Pini

E così ci sarebbe il suo povero corpo, cercato inutilmente per oltre un anno, in quel sacco nero sepolto a due metri di profondità, dove neppure i cani riuscivano a percepirne l’odore: l’oblio a pochi passi da casa, in un campo abbandonato di Novellara. È importante che quel corpo sia il corpo di Saman Abbas, uccisa a 19 anni, e lo sapremo con assoluta certezza solo quando anche l’ultimo dubbio verrà sciolto dalle indagini e dai rilievi. È importante, dicevo, perché serve a restituire un minimo di dignità, un minimo di pace, un minimo di verità - morale, non solo giudiziaria - al castello di orrore e di menzogne con cui una famiglia ha ammazzato a freddo, con premeditazione criminale, una ragazza di diciotto anni: una figlia, una nipote, una sorella.

Colpevole di non volersi sottomettere a un matrimonio combinato, colpevole di voler scegliere e disporre della sua vita: del suo corpo, dei suoi affetti, del suo futuro. Dunque questi poveri resti sono certamente una prova - che sarà centrale e determinante nel processo che si aprirà il 10 febbraio - ma sono soprattutto un simbolo. Lo ha detto bene giovedì, su questo giornale, Ahmad Ejaz, scrittore e giornalista pakistano, a Roma dal 1989: “Saman deve diventare la voce di tutte le ragazze discriminate in Italia, la voce delle seconde generazioni: un milione e mezzo di giovani nati o cresciuti in questo Paese, troppe volte vittime di tradizioni brutali o sbagliate”.

Io dico una cosa in più: e cioè che questi giovani - che vanno a scuola con i nostri figli, che giocano a pallavolo con loro, che frequentano le stesse strade, gli stessi quartieri, gli stessi negozi - sono spesso i più soli, i più esposti e i più fragili. Ma sono anche l’unica vera chance per un’integrazione possibile, per un riscatto possibile: vale per il loro futuro e vale per il futuro di una comunità intera, la nostra. Saman, che voleva essere libera secondo i nostri valori di libertà, e che per questo ha pagato con la sua vita, non è morta da italiana. Non aveva la cittadinanza di questo nostro Paese, eppure ha sacrificato la sua vita pur di essere italiana fino in fondo, con intensità e pienezza. Per questo Saman Abbas merita una cittadinanza alla memoria, al merito e al valore. Lei, come tutti quei ragazzini e quelle ragazzine che hanno il diritto di essere italiani perché si sentono italiani. Fino a mettere a rischio la propria vita.