Venerdì 19 Aprile 2024

Salvini e Di Maio, le due mosse dei Dioscuri

Matteo Salvini e Luigi Di Maio, i due Dioscuri che poco più di un anno fa hanno dato vita a un’alleanza tanto strana da essere definita "un ircocervo" (copyright Silvio Berlusconi) hanno compiuto ieri due scelte importanti per il futuro del governo. Salvini ha deciso di sacrificare il suo (nel senso di leghista) viceministro Edoardo Rixi, il secondo ha deciso di restare alla guida del M5S.

Apparentemente si tratta di una sconfitta del primo e di una vittoria del secondo. Ma solo apparentemente. E vediamo perché. La condanna di Rixi (per presunti rimborsi spese fasulli) era nell’aria da settimane e Di Maio aveva detto che mai avrebbe voluto un condannato nella squadra di governo. In caso di condanna, aveva detto Di Maio, il Movimento avrebbe preteso le dimissioni di Rixi. E Salvini aveva risposto picche: "Non ci si dimette fino a sentenza definitiva". Ieri, invece, Rixi ha rassegnato le dimissioni e Salvini le ha subito accettate. Retromarcia? Forse. Ma retromarcia strategica.

Salvini, infatti, ha tutto l’interesse a far cadere il governo e andare subito alle urne. Ma il casus belli non può essere la difesa di un condannato. Benché Salvini sia convinto che esiste un uso politico della giustizia, la scelta di far cadere il governo per Rixi sarebbe stata impopolare per lui e popolarissima per gli ormai prossimi rivali grillini. Meglio, per Salvini, che l’incidente avvenga sulla Tav, o sulla flat tax, o sull’immigrazione: temi sui quali potrebbe aumentare ancora il proprio bottino di voti.

Di Maio ha invece scelto di non dimettersi nonostante il tracollo elettorale, e i vertici del Movimento hanno deciso di sostenerlo. Ma la conferma di Di Maio assomiglia molto a quella di Allegri dopo l’eliminazione contro l’Ajax: pochi minuti dopo la sconfitta, Agnelli disse che il mister non si toccava, ma sapendo già che era finita. Nobile bugia per salvare la stagione, come quella del M5S lo è per salvare la faccia. Ma è difficile immaginare quattro anni di un Di Maio schiacciato da Salvini (il Movimento scomparirebbe) e ancor più difficile è immaginare la prossima campagna elettorale dei pentastellati senza un nuovo leader.