Una stretta di manina

DUI CAPITAGNI, nave in ti schêuggi. Due capitani, nave sugli scogli. La stretta di manina tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio pare avere fatto tesoro della proverbiale saggezza marinara genovese. Ne faccia buon uso Giuseppe Conte nel rivendicare il proprio ruolo di presidente del Consiglio dei ministri rispetto ai due vicepremier. È un fatto che i toni del duello tra Salvini e Di Maio consegnano una fotografia nitida della distanza politica che separa la Lega dai 5 Stelle.

A quell’immagine si sovrappone la foto dell’amicizia ritrovata o mai perduta. Il «ricominciamo» sarà sufficiente a riparare la crepa tra gialli e verdi in vista della discussione della manovra alle Camere? Saranno i fatti a dirlo e a stabilire se il Conte ritrovato confermerà sostanza o chiacchiere e distintivo. I mercati. Domani lo spread e i listini azionari faranno i conti con il taglio del rating italiano da parte di Moody’s, avvenuto con una settimana di anticipo rispetto al previsto. Atto non ostile, per non dire cortese, che per esempio evita al governo di subire un doppio giudizio alla fine della prossima settimana quando parlerà Standard and Poor’s. Il taglio del rating – che molti analisti considerano già scontato dai mercati – a un gradino dal livello spazzatura non è irrilevante.

Poteva andare peggio (lo spiega bene Enrico Cisnetto), ma avrà un costo. L’Italia ha carte da giocare e Moody’s le chiarisce nel rapporto con il quale ha mantenuto stabile l’outlook, le prospettive: economia ampia e diversificata, solida posizione estera, posizioni di investimento internazionali equilibrate. Famiglie con alto livello di ricchezza e potenziali fonti di finanziamento per il governo. Quel che non piace è altrettanto chiaro: da previsioni di crescita ritenute troppo ottimistiche al livello del debito pubblico. Residuali i timori di un’Italia senza euro. Prospettiva allontanata anche ieri da Conte, Di Maio e Salvini. Dopodiché, guai ad abbassare la guardia: non si annuncia più tempesta, ma resta il bulesumme, mare dispettoso e irrequieto. Due numeri: 44 e 65. Il 44% degli italiani voterebbe per rimanere nell’Unione europea se ci fosse un referendum come quello ha prodotto la Brexit. Il 65% degli italiani, però, è favorevole all’euro. Nessuna contraddizione: rifare l’Europa, ma salvare la moneta comune resta un buon tema per la politica. Consapevoli che, sosteneva Seneca, non c’è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare. Ma anche, saggezza popolare, che non esiste buon vento per navi rotte.