Giovedì 18 Aprile 2024

Povera Italia! Non si indigna nemmeno più

L'editoriale di Agnese Pini

L'editoriale di Agnese Pini

La cosa più preoccupante è che abbiamo perduto perfino la capacità di stupirci, alla seconda crisi balneare di una legislatura nata coi connotati dell’ingovernabilità, finita (?) con quelli della farsa, o della tragedia a seconda dei punti di vista. Così, assuefatti ormai all’assenza di logica in politica, le parole di Conte mercoledì sera non sono riuscite a indignarci quanto avremmo voluto. Semmai, questo sì, ci hanno causato un esausto moto di stanchezza: povera Italia, ci risiamo. Voglio metterla così: non dobbiamo scandalizzarci per una crisi di governo, neppure per una crisi innescata proprio nel momento estremo di un’impasse economica, di una guerra, di una pandemia. E non ha torto chi dice che il resto del mondo vota, ha votato, va avanti comunque: si chiama democrazia, e accettarne le regole fa parte del gioco. Ma nel nostro caso sono le premesse, sono le motivazioni di questa crisi annunciata, consumata con superficialità e dilettantismo, che avviliscono. L’aspetto più grave è che qui si fa crollare una maggioranza di unità nazionale per il termovalorizzatore di Roma, per i sondaggi che girano male, per la leadership di un movimento – i 5 Stelle – che è già imploso da tempo. E che adesso, come Sansone coi Filistei, pretende di buttare giù tutto. Ecco il punto.

Cosa farà Mario Draghi? È probabile che non ceda alle molte pressioni, nazionali e internazionali, di chi gli chiede ancora una volta di salvare il salvabile, innanzitutto la faccia di un Paese in annoso debito di credibilità. Draghi non è uomo da politica politicante, e mercoledì potrebbe coerentemente decidere di staccare la spina, malgrado i piagnistei postumi e i ripensamenti di qualche congiurato meno convinto di altri di andare a casa anzitempo. L’Italia ha perso comunque, e comunque vada a finire. Ciò a cui assistiamo è l’ultimo frutto di una politica che ha fatto dell’antipolitica una bandiera, negli ultimi dieci anni. Cosa ci ha lasciato quella stagione? Una legislatura spappolata, partiti in asfissia, e soprattutto un’Italia immobile, come ogni indice economico, sociale demografico continua a ripeterci. Cassandre inascoltate di un Paese da indietro tutta.