Più del carisma serve subito concretezza

Prima volta di una donna premier. Giorgia Meloni sa di essere un simbolo, e sa che sarà giudicata anche per questo, o anche in virtù di questo

Agnese Pini

Agnese Pini

E' stato, quello di ieri, il giorno di Giorgia Meloni. Avremo tempo per disilluderci, per criticarla, per porne in evidenza eventuali (e inevitabili) errori e mancanze. Ma oggi dobbiamo registrare questo, che è insieme un fatto storico, simbolico e determinante: e cioè che in Italia una donna è stata incaricata, per la prima volta, presidente del Consiglio. Giorgia Meloni sa di essere un simbolo, e sa che sarà giudicata anche per questo, o anche in virtù di questo. Non perché è una donna, ma perché è la prima donna. E dunque è inevitabilmente un termine di paragone, ed è il prodotto di una svolta che innescherà altri e nuovi passaggi. I simboli però acquistano davvero valore solo se si riempiono di significati. E allora, cosa dobbiamo attenderci da Meloni? O cosa possiamo sperare di attenderci?

Partiamo dalle valutazioni che possiamo fare fino a qui, fino a oggi, per quanto e per come l’abbiamo vista all’opera nel mese scarso che ha separato il voto dal suo incarico.

Ebbene: negli ultimi 26 giorni (accidentati dalle mine disseminate dai suoi alleati, dalle critiche della stampa e delle istituzioni internazionali), sono stati determinanti il carisma personale di Meloni, la sua assertività e la sua asciuttezza espressiva, ancor più che la forza elettorale e il consequenziale peso politico. Eppure, la premier non è riuscita a portare a casa tutti gli obiettivi che si era posta. La compagine di governo manca di quei nomi "di altissimo profilo" con cui aveva preannunciato, a voto ancora caldo, la futuribile squadra dei ministri. Mentre l’esecutivo nasce con due punti deboli.

Il primo: una evidente e a tratti clamorosa (basta riascoltarsi gli audio di Berlusconi su Putin e la guerra in Ucraina) disunità di vedute sulla politica estera, in un momento in cui la politica estera è centrale nella linea di governo. Il secondo: la difficoltà che ha avuto Meloni nell’imporre la propria leadership ai due principali alleati, Salvini e Berlusconi. È vero: per ora è lei a uscire vincitrice dalle tensioni e dagli sgambetti politici che abbiamo visto nelle ultime settimane. Ma i nodi emersi non potranno evaporare nel nulla. E allora, da una sola cosa potremo giudicare il simbolo Meloni: dalla concretezza. Diceva Andreotti: "Il nome concretezza non è né bello né elegante, ma è talmente espressivo da evitare ogni preambolo di circostanza". E proprio in questa assenza sta tutta la sua forza.