Piazza Italia, caos calmo

Tanto tuonò che non piovve. O quasi. Il sabato del villaggio Italia ha visto piazze e strade dividersi tra fascisti e antifascisti, la marcia unita della sinistra divisa e, a Milano, gli scontri d’ordinanza tra antagonisti e forze dell’ordine. L’invito alla ragionevolezza – irrobustito dal messaggio di tolleranza zero verso i violenti e dai 5mila poliziotti schierati da parte del Viminale – è riuscito a raffreddare le preoccupazioni della vigilia. Caos calmo, democrazia forte. Meglio di niente. La politica, a sette giorni dal voto e a una ventina dai fatti di Macerata, si ritrova nella propria comfort zone: il territorio, evidentemente più confortevole, dove ciascuno può recitare il copione del proprio album di famiglia, ritrovare se stesso e qualche amico perso per strada. Meno confortevole, ma molto più interessante, sarebbe stato vedere cinque grandi piazze d’Italia confrontarsi su temi secondari tipo: come aiutare la ripresa, più importata che meritata. Come sostenere il sistema previdenziale in un Paese che invecchia e non fa figli.  Come cambiare l’Europa prima che Bruxelles ci cambi i connotati con frasi dal sen fuggite a mercati aperti e precisate a mercati chiusi. Come ridurre il debito pubblico, a chi destinare i risparmi di spesa e dove trovare i soldi per mantenere gli impegni presi in campagna elettorale. Come combattere la delocalizzazione con le armi dell’innovazione, della scienza e della ricerca. Come premiare il merito e la competenza. O creare posti di lavoro: il problema numero uno del Paese, come ha ricordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel messaggio di fine anno. Troppo tempo fa, in questa stagione di nostalgie lunghe, vedute corte e fughe all’inglese dalle responsabilità. Tra sette giorni si vota, tra qualche giorno migliaia di imprese pagheranno lo stipendio a chi ancora ne ha uno. A fine mese tutti tireremo le somme del conto corrente. Antifascisti e fascisti compresi. Poi il 4 marzo riscopriremo con sorpresa e indignazione l’astensionismo. Che tempi, signora mia! Neppure il voto è più sacro. Già, e non ci sono neppure più le mezze stagioni.

@ilgipa