Effetto benessere. C'è troppo companatico

Quand'eravamo bambini poche cose – ma chiare – ci venivano insegnate, anzi scolpite nella testa. Una di queste era: "Non si butta via il pane". Il pane era sacro. Il primo e più importante degli alimenti. Stava a simboleggiare l’essenziale ("Dacci oggi il nostro pane quotidiano"), la fatica e il reddito ("Si lavora per portare a casa il pane"), la verità ("Pane al pane e vino al vino"), il sacrificio ("Per far studiare i figli si è tolto il pane di bocca"). 

Oggi, il pane è quasi una scocciatura. Paradossalmente un lusso – costa fino a cinque euro al chilo – e al tempo stesso un nemico, visto che il medico ci terrorizza con la glicemia e il dietologo con la linea. Sempre paradossalmente lo schifiamo – al ristorante preferiamo la schiacciata – e lo produciamo in sovrabbondanza, visto che ogni giorno ne gettiamo tonnellate in discarica. In queste pagine spieghiamo quel che sta succedendo: i prezzi aumentano, i consumi diminuiscono. Sbaglierò, ma penso che anche questo non sia l’effetto della crisi, ma del benessere. 

Giusto per tornare appunto a quand’eravamo bambini, il pane secco veniva riutilizzato per la colazione del mattino insieme al caffellatte, oppure per fare la torta paesana, oppure per il pancotto della sera: una fetta di pane intinta nel brodo arricchita con qualche crosta di formaggio e, quando andava bene, con un uovo. Non c’era pietanza senza pane, e non c’era merenda che non fosse costituita quasi esclusivamente dal pane: pane burro e zucchero, pane e marmellata, pane e salame, pane e formaggio. La mia generazione, bambina negli anni del boom, conobbe già il privilegio di pane e Nutella. Ma sempre e comunque – e ovunque! – il pane.

E guardate che tutto questo non accadeva solo nelle case dei poveri, ma pure in quelle dei benestanti, perché comunque anche i ricchi avevano fatto la guerra ("Avreste avuto bisogno di fare la guerra", ci dicevano i genitori e i nonni quando facevamo i capricci, tipo chiedere il prosciutto cotto o la mortadella) e avevano memoria di una miseria. Poi sono arrivati i biscotti, sono arrivate le merendine, e perfino le focacce al formaggio che ogni mattina un furgone ci porta direttamente dalla Liguria. Nei Promessi Sposi si racconta della rivolta per il pane, oggi temo che la prossima rivoluzione si scatenerà per il diritto al caviale.